mercoledì 18 luglio 2018

La MOSTRA sulla Grande Guerra e il colore NERO













LO SPAZIO DELLA MEMORIA – LA MEMORIA DELLO SPAZIO 




 
LA MOSTRA


LA GRANDE GUERRA E DINTORNI
ESPOSIZIONE STORICO/CULTURALE"

MOSTRA - COMUNE DI LESA – 15 LUGLIO 5 AGOSTO 2018

C/O Sala Società Operaia – Piazza IV Novembre - Lungolago di Lesa


Collezione arch. Uberto Visconti di Massino
Testate originali collezione Mirko Valtorta



Allestire una mostra è un processo delicato e complesso.
Se poi il tema centrale è la Grande Guerra, si aggiunge una responsabilità che va oltre “il progetto espositivo ben eseguito”.
Ci dev’essere cura ed attenzione, soprattutto verso le persone, perché LE PERSONE fanno e hanno fatto la storia.

Ho pertanto cercato di dare alla preziosa COLLEZIONE dell’arch. Uberto Visconti di Massino, un valore diverso, collocandola in uno spazio che potesse raccontare, emozionare, ri-creare memorie.
L’intento non è stato quello di esporre per esporre, ma di tracciare segni, scrivere STORIE nella storia, lasciare tracce, ripercorrere tratti di vita vissuta.

Ho cercato di mettere in evidenza i VOLTI, gli SGUARDI, le IMMAGINI più che le parole, la narrazione regalata dagli OGGETTI, la rievocazione dei momenti, per tirare un ideale filo tra ciò che è stato e ciò che ora siamo.
Noi - uomini, donne, bambini - siamo destini che si incrociano dentro trame invisibili; nel dolore e nella gioia, nella tragedia e nella resurrezione, passato, presente e futuro compongono una lunga catena che ci unisce.

Non possiamo dimenticare, non dobbiamo dimenticare, ma conoscere, sapere, comprendere, affinché nella conoscenza e nella scoperta della nostra identità - della nostra umanità – si consolidi il rispetto, la pace e l’amore per la vita.


Ringrazio tutti coloro che hanno collaborato a questo progetto, in particolare un “grazie di cuore” all’amico M. Savazzi. Ai miei due “angeli custodi”, Angelo e Maurizio.



PREMESSA


NERO



Noi non percepiamo mai delle pure qualità cromatiche, ma i colori sono da noi
vissuti sempre in relazione a una particolare struttura percettiva, sono colori di
qualche cosa, ci appaiono integrati con gli altri aspetti fenomenici del nostro
mondo visivo”. [Gaetano Kanizsa, 1980]




Citando A. Bottoli e G. Bertagna: “ Ciò che vediamo come nero emette nel visibile una minima parte dell’energia luminosa ricevuta. Il nero assoluto (teorico) prevede una minima emissione di fotoni da parte dell’oggetto. In visione scotopica profonda è facile che ai segnali minimi di lettura fotonica si sovrappongano le scariche basali dei fotorecettori con conseguente rumore visivo di fondo:
  • minima energia verso l’esterno
  • massima energia all’interno
  • potenzialità nascoste”
(G. Bertagna, A. Bottoli, “Perception Design”, Maggioli Ed., 2009, pag. 240)


Dicendolo banalmente percepiamo un oggetto come “nero” in quanto tutte le frequenze vengono trattenute e non selettivate e poi riemesse.

Un oggetto nero trattiene.

Come per ogni altro colore percepito, esso è tattile, aptico, legato alle sensazioni visive che non comunicano solo informazioni ottiche, ma anche proprie del mondo tangibile, materico.

Un oggetto nero è solido, pesante. Crea volume. Si tocca, da lontano.

Il nero, è stato a lungo associato alla caverna, alla grotta, all’oscurità notturna, ai luoghi bui, ma anche sacri. La prima testimonianza di primi segni neri si ebbe proprio nelle grotte a Lascaux, 15.000 anni a.C.
La grotta, la caverna del resto subisce l’ambivalenza del simbolo, è si un luogo oscuro, ma che protegge, difende.

Un oggetto nero, non filmare, non volume, nasconde, copre.

Il nero è però unito alla luce: non c’è possibilità di percepire il colore senza illuminazione; il colore, dopotutto, è luce. Nel comune modo di pensare, valutiamo la vita come un viaggio fatto di chiaro/scuro, giorno/notte, tunnel bui e uscite luminose, oscure presenze e lampi gioiosi. Il nero ed il bianco sono opponenti che il nostro cervello legge in coppia. Sono i primi nomi comparsi per denominare i colori, secondo le categorizzazioni semantiche monolexemiche, ordinate seguendo l'evoluzione antropologica (Berlin e Kay).

Un oggetto nero è letto meglio, se esiste il contrasto. Nero opaco e luce.








IL PERIODO – IL COLORE

Durante la Rivoluzione Industriale il nero era visibile ovunque: nel carbone, catrame, bitume, nelle ferrovie, fuliggine, sporcizia, inquinamento, nelle fabbriche.
Come dice Brusatin “(…) con la polvere sollevata dal movimento industriale di macchine e ciminiere, la città si andava annerendo e oscurando ineluttabilmente…” (M. Brusatin, “Lezione sui colori”, Libreria Ed. Cafoscarina, VE, 2005, pag. 97), anche se – e Bruno Taut insegna – all’inizio del Novecento il colore si inserisce come elemento di riqualificazione urbana, suggerendo schemi percettivi e policromie.
Il nero divenne in seguito il colore del mondo degli affari e della produzione industriale, che immetteva oggetti di uso comune sul mercato (bianchi, neri, grigi o bruni), privi di colori vivaci, malgrado la chimica dei coloranti permettesse ormai qualsiasi scelta cromatica. (Henry Ford, per esempio, produceva solo auto nere).
Il nero assume valore di assolutismo, di fondamentalismo, di chiusura, di morte, di paura, quando si pensa alla guerra. Ma anche rivolta, a volte silenzio, a volte rigore, a volte valore e dignità, regalità.
Il terrore delle trincee e la noia di momenti, il dolore e l’attesa, le perdite umane e la povertà, sono solo alcune immagini di un periodo che si è colorato di scuro.
L’oggetto nero, nella mostra, diventa tutto questo: rievocazione, caverna protettiva, elemento che nasconde e in realtà mette in luce, spazio chiuso per mostrare, esporre, dare valore alla storia fatta di oggetti e sguardi. Solido e forte, racchiude la luce, l’atmosfera, la memoria, l’identità di chiunque abbia sofferto e vissuto quei momenti.


1) SUGGESTIONI per un allestimento

Conoscere la guerra è l’attività di una cittadinanza informata, e i musei sono quei luoghi in cui vengono sollevate questioni morali, vengono poste domande circa i conflitti, il sacrificio, la sofferenza, la fratellanza, il coraggio, l’amore, la trascendenza. I musei consentono ai visitatori di interrogarsi su questi temi, tramutando il tempo della guerra in spazio museale.
(Jai Winter , Museums and the Representation of War, «Museum and Society», 2012)

L'ideazione dello spazio espositivo e dell'allestimento della mostra parte dal concetto di RACCONTO, soprattutto esperienziale, veicolato dagli oggetti utilizzati nella Grande Guerra.
Il ricordo di questo periodo per altro continua nelle epoche successive e viene sottolineato con l’esposizione di oggetti raffigurativi che hanno in seguito ri-evocato – in modi diversi – la Grande Guerra. Si pensi, per esempio, alle storie epiche di Hugo Pratt con Corto Maltese (“La ballata del mare salato” esce nel 1967 e introduce il personaggio di Corto Maltese, nello scenario della prima guerra).
L’oggetto è driver comunicativo di un periodo storico, di una società, di economie e costumi. Ricostruisce a livello iconico segni e significati, memorie e identità. Richiama immagini e persone.
Come afferma Luca Basso Peressut:
"Attraverso gli oggetti si rievocano i corpi delle persone scomparse a cui questi appartennero (...)

Solo nei musei e nelle esposizioni, in quanto luoghi in cui il corpo del visitatore viene ingaggiato in rappresentazioni che corrispondono a una messa in scena spaziale e figurativa, si può creare un confronto più diretto e partecipato con gli avvenimenti storici. Come afferma Sophie Wahnich il museo «non si accontenta di accogliere delle emozioni costruite a priori, ma restituisce ai sensi le condizioni estetiche della visita, operando attraverso le scelte tematiche e museografiche» [Wahnich 2011, 58]. (...)

Nell’ambito della comunicazione museale l’architettura è un importante elemento di identificazione: crea simboli e veicola messaggi, sia in termini di contesto che di contenuto, partecipando a sollecitare empaticamente il sentimento di consapevolezza del visitatore. L’architettura, come pratica estetica di costruzioni di spazi e forme significanti, è indispensabile per creare luoghi rappresentativi di memoria, commemorazione ed insegnamento. Con il suo porsi a distanza temporale dagli accadimenti e con la sua capacità di durare e di marcare fisicamente e simbolicamente i luoghi si presenta come una pausa naturale di riflessione nello scorrere del tempo."
(Luca Basso Peressut, Rappresentare le guerre al museo, "Storicamente", 13 (2017), no. 6. DOI: 10.12977/stor661)

L'oggetto, protagonista indiscusso, viene collocato in spazi organizzati, architettonicamente progettati, per essere visibile e ri-conoscibile.

Tali spazi, delineati da allestimenti silenti, scuri, mostrano da un lato l'umanità e il dolore, attraverso una chiusura verso il resto della sala; dall’altro, segnato dall’ illuminazione, un percorso illustrativo fatto di immagini e parole, che insieme all’arte figurativa sono divenute incisiva testimonianza di quel periodo storico.

I disegni di Carrà e il movimento Futurista, le copertine de “Il Monello”, le riviste di trincea, i nomi di Giorgio De Chirico e di Mario Sironi, di Gabriele D’Annunzio o di Filippo Tommaso Marinetti, le poesia di Giuseppe Ungaretti, l’architettura di Antonio Sant’Elia morto sul Carso nel 1916, sono solo alcuni degli esempi culturali – ed umani – che hanno caratterizzato quegli anni.

Impossibile scindere la tragedia dall’esplorazione originale e accattivante dei movimenti artistici e letterari, che da sempre codificano in una riscoperta prospettiva estetica, gli eventi e gli sviluppi sociali.

Collezione M. Valtorta


2) STRUTTURA e PERCORSI

Le cose importanti sono semplici, e la semplicità è un’arma con un effetto micidiale,
se usata nel modo giusto”
(Lorenzo Marini, “Questo libro non ha titolo perché è scritto da un art director”, Lupetti Ed., MI, 2007, Pag. 145)

Il percorso, sottolineato da un tunnel (suddiviso in quattro stanze) che accompagna il visitatore nella scoperta e nella memoria, è suddiviso in quattro aree tematiche:

  • la Belle Epoque
  • interventismo e guerra
  • la guerra meccanizzata e delle trincee
  • l’anno della Vittoria, i postumi e l’eredità della Grande Guerra - l’intervento degli Stati Uniti

Il tunnel, diviso appunto in quattro aree, viene allestito con vetrine illuminate che mostrano i vari oggetti della collezione Visconti (i manichini per le divise sono visibili appena fuori dalle stanze) e le stampe della collezione Valtorta.


Collezione arch. U. Visconti di Massino


Alcuni spazi sono vuoti, da percorrere in silenzio, quasi a sottolineare che il tempo a volte si ferma. La Grande Guerra è stata infatti definita “Lampi di angoscia in un noioso periodo”, un momento tragico, ma anche lungamente noioso, quasi insopportabile (si pensi alle trincee).

Ombra e luce, morte e vita si vogliono mischiare e confondere nel passaggio dal tunnel alla sala illuminata, come un respiro trattenuto, che poi si rilascia, quando tutto è finito.
Ma la memoria legata ai fatti e alle situazione della Grande Guerra, non è solo fatta di oscurità. Il tunnel lascia intravedere luci e la mostra – nella sua complessità – mette in risalto anche i lati eleganti, curiosi, eroici. Cerca di far scoprire il valore di uomini e donne, la comunicazione e l’umanità esplicitate nelle canzoni, nella leggerezza ritrovata di poemi o scritti.
Lo spazio vuole essere comunque semplice, non articolato, per permettere leggibilità, facile orientamento e per dare la giusta importanza a ciò che viene esposto.

Collezione M. Piazzai

Una teca riporta un modello di aereo.

Una sezione, collocata nella sala illuminata, al centro, è dedicata alla storia locale, ricca di emozioni, ricordi, evocazioni. Le persone del posto hanno accolto benevolmente l’idea di prestare le loro testimonianze e si è cercato di dare la giusta importanza e il meritato rispetto a questi documenti.

Sezione storia locale







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