lunedì 20 aprile 2020

SPAZI DI VITA URBANA - una visione diversa

“Dobbiamo considerare la città non come un oggetto a sé stante, ma nei modi in cui essa viene percepita dai suoi abitanti” (K. Lynch)


SPAZIOTECA
Spazi inviolabili. Dell'immaginazione. Della volontà. Spazi del tempo. Irraggiungibili. Spazi ridotti. Unici. Incomparabili. Destinati. Insuperabili. Ingestibili. Complicati. Inerti. Coperti. Ludici. Luridi. Spazi di COLORE. Di MUSICA. Di parole. Tra le parole. Di silenzi. Giovani. Vecchi. Di tendenza. Di abbondanza. Di fame. Di Sete. Di freddo. O di caldo. Spazi per la pausa. Di SOGNO. Di risate. Di lacrime. Protetti. Protettivi. Aperti. Chiusi. Di progetto. Percorribili. Deserti. Di stanchezza. Inutili. Gioiosi. Giocosi. Noiosi. Spazi che catturano. Che invitano. Che condizionano. Che appagano. Che rispondono. Che lasciano. Che spingono. Che affrettano. Che rallentano. Che imprigionano. Che liberano. Che spengono. Che illuminano. Spazi di vita. Di morte. Polverosi. Accesi. Bui. Lindi. Grandi, Piccoli. Estesi. Lontani. Vicini. Spazi interiori. Incorporei. Giustificati. Ingiustificabili. Incomprensibili. Disturbanti. Accoglienti. Spazi di dolore. Senza nome. Occupati. Individuati. Riconoscibili. Identificabili. Leggibili. Figurabili. Anonimi. Veri. Antichi. Spazi di memoria. Evocativi. Simbolici. Rigeneranti. Sensoriali. Sinestesici. Circoscritti. Percettivi. Percepiti. Dannosi. Di cura. Temporanei. Infiniti. Parziali. Totali. Permanenti. Localizzati. Visti. Acquisiti. Acquistati. Svenduti. Da vedere. Da osservare. Da ascoltare. Da trovare. Da cercare. Esistenti. Vissuti. Noti. Esclusi. Esclusivi. Ignoti. Ignorati. Ignoranti. Bugiardi. Forti. Pieni. Vuoti. Sinceri. Reali. Esasperati. Isolati. Fantastici. Concreti. Astratti. Direzionali. Involutivi. Evolutivi. Psichedelici. Psicologici. Animali. Selvaggi. Naturali. Antropizzati. Civili. Incivili. Spazi che escono. Che entrano. Che fluttuano. Spazi d'arte. Di storia. Di gente. Espressivi. Emozionali. Sentimentali. Spazi di niente. Di tutto. Circocentrici. Di forma. Formali. Con delle forme. Esistenziali. Filosofici. Religiosi. Spirituali. Metafisici. Materiali. Critici. Soggettivi. Collettivi. Spazi che giudicano. Che scelgono. Che interagiscono. Che restano muti. Che impongono. Che non dialogano. Che catturano. Che illudono. Che assomigliano. Che relazionano. Che inducono. Che riducono. Allargano. Comprimono. Dilatano. Vibrano. Che giocano. Destabilizzano. Ricreano. Energizzano. Stimolano. Annichiliscono. Vietano. Provocano. Affascinano. Spazi di induzione. Di corruzione. Di perdita. Di forza. Di punti. Di paura. Spazi che comunicano. Universali...Violati.


Qual'è il senso di spazio oggi? Quale di luogo? La città che Lynch definisce attraverso le modalità in cui viene percepita e fruita dalle persone, che posto è?


Dovremo muoverci, comunicare, in un tempo/spazio diverso, dove le distanze prossemiche conosciute cambieranno. Misure di sicurezza, come distanza obbligatoria, mascherina, anche i guanti, svilupperanno nuovi scenari di fruizione. La nostra percezione di noi stessi, dell'altro e dell'ambiente subiranno una mutazione, in un modo o nell'altro. 
Siamo strutture che "si adattano", che riescono a trovare il modo di modificarsi per spirito di sopravvivenza, insito in noi da quando l'uomo è apparso sulla terra. 

Adesso però è complicato. Pensarci, è complicato. Perchè siamo abituati a stringerci la mano quando ci salutiamo, ad abbracciarci, a chiacchierare vicini, a passeggiare sottobraccio, a sederci sulle panchine uno accanto all'altro, a lavorare sulla stessa scrivania, a soffermarci a discutere e a riflettere davanti ad una tazza di caffè, ad osservare senza impedimenti e senza timori l'ambiente attorno...Interagiamo con lo spazio, con noi stessi e con gli altri costantemente in modo biunivoco, scambiando dati, interpretando, utilizzando tutto il corpo. La nostra è una realtà incarnata. Gli spazi urbani, il nostro modo di percepirli e di viverli, i nostri bisogni, cambieranno. Almeno per un pò.


I vuoti e i pieni, i silenzi e i suoni, si dilateranno, così come i tempi. La gestione di artefatti e degli stessi luoghi urbani troverà una diversa collocazione nelle nostre vite. 
Quali saranno i nuovi bisogni? Quali sono? Come bisognerà agire? Perchè? Per chi? Quale il nuovo senso di bellezza? 
Se vi è stata o meno una "perdita del centro", forse dovremmo, in questa occasione, ri-trovarla nella costruzione di rispetto e umanità, di collaborazione, di solidarietà, di vicinanza  - che appare paradossale come termine, ma è necessaria - con chi ha bisogno, di apertura mentale, di rinnovamento, di cambiamento. Progettare e lavorare per la vita.





Dovremmo tutti cominciare ad approcciarci ad un nuovo modo di pensare alla città. Perchè ciò che ora è momentaneo, che fluttua in un dilatato estemporaneo spazio fatto soprattutto di paure, emozioni, sentimenti, preoccupazioni, altro non è che un campanello che dovrebbe farci svegliare: uniamo le forze per rigenerare luoghi, per progettare "per l'uomo", per rivedere ciò che davvero non funziona, per osservare, accorgerci, ascoltare.
Fermiamoci, davvero però. Impariamo a ricominciare e a lavorare insieme. Ognuno con la sua capacità e desiderio di rinascita. Ognuno con la propria professionalità.



Abitare. Abitare significa "stare in un luogo". Stare in un luogo vuol dire dare dei significati a quel luogo. 

...Siamo noi che diamo significati...






 

venerdì 10 aprile 2020

IL COLORE DELLO SPAZIO NELLA CURA DELLA DIGNITÀ: UN PROGETTO CROMATICO PERCETTIVO.

IL COLORE DELLO SPAZIO NELLA CURA DELLA DIGNITÀ: UN PROGETTO CROMATICO PERCETTIVO. Analisi e riqualificazione dello spazio/corridoio dell’Ospedale Privato Accreditato “Villa Rosa” – Modena 
 
Dott.ssa Martina Puviani – arch. Cristina Polli


PREMESSA

Mai come in questo momento difficile, mi pare appropriato parlare di desiderio innato verso la bellezza. Abbiamo bisogno di un mondo migliore e ciò è un dato di fatto, non una deriva intellettuale; tant’è che affermare l’esistenza in noi del senso di bellezza ed estetica, non è altro che ricongiungerci col principio biologico ed etico della sopravvivenza. Come direbbe Iosif Brodskij: “Il fine dell’evoluzione – ci crediate o no – è la bellezza” (Un’immodesta proposta, in Dolore e ragione, Adelphi, MI,1998)

...l’esperienza della bellezza nasce necessariamente dalla fusione della percezione e del desiderio, dalla realtà e dall’idealizzazione, dall’osservazione e dall’empatia. (…) Quando una civiltà perde il proprio senso e desiderio della bellezza, perde anche il senso di quello che è giusto ed è destinata a tramontare” ci dice J. Pallasmaa ((J. Pallasmaa, “L’immagine incarnata”, Safarà Ed., PN, 2014, pag. 146).

L’architettura, la progettazione di spazi di vita, dovrebbero tener conto dell’importanza dell’etica – e si parla di etica progettuale – intesa come supporto, come strumento, utilizzato al fine di migliorare la nostra comune esperienza di esseri umani, che con il proprio corpo, con le proprie aspettative e bisogni, vivono i luoghi, riempendoli di significati.

Ho deciso di pubblicare parte di un lavoro di ricerca effettuato quest’anno, per far capire quanto ancora ci sia da fare in strutture per la cura, dove adesso in un momento così delicato, forse parlare di colore è ben poca cosa...ma io credo si debba comunque sottolineare che gli ambienti progettati secondo determinati criteri, aiutino pazienti e operatori e spero in futuro si riesca a capire che la costruzione di un progetto globale, pensato, sia non solo utile, ma necessario per ridare dignità a chi soffre e a chi presta ogni giorno il proprio prezioso operato. Per ridare quel senso di bellezza che ci sembra lontano.

Desidero ringraziare Martina Puviani che ha dedicato la sua tesi di laurea ad un progetto per migliorare spazi di vita, in un luogo di cura dove il bisogno di sicurezza e accoglienza è fondamentale. Insieme abbiamo fatto un piccolo percorso, che spero possa proseguire e costituire un inizio per riflessioni, analisi e progetti realizzabili nel futuro.

Abbiamo bisogno, oggi, di cambiare il nostro usuale modo di vivere, di progettare. Il rispetto passa anche attraverso una visione diversa, altruistica, etica, aperta. Forse anche più lenta, naturale, ecologica. Fatta di bellezza.

Progetto realizzato



PROGETTO CROMATICO PERCETTIVO – PERCORSI

di Cristina Polli


Strutture, spazi dedicati all’assistenza di un’utenza fragile, abbisognano ancora di più di attenzioni verso la qualità percettiva ambientale.
E’ infatti chiaro, oramai, che la qualità delle relazioni passa attraverso la qualità dell’ambiente e che c’è sempre correlazione/biunivocità tra l’individuo e l’ambiente vissuto, per il quale ciascuno di noi crea una propria “mappa mentale” di riferimento. Un edificio, uno spazio, non è soltanto una struttura fisica, “...giacché è anche uno spazio mentale che struttura e articola la nostra esperienza” (Pallasmaa, 2014)

Il PROGETTO tiene conto di tale rapporto e dell’importanza dei bisogni del percettore che fruisce lo spazio. La scena percettiva è costruita per le persone ed attorno ad esse.

L’OBIETTIVO è ricreare un luogo dove soprattutto si possa trovare accoglienza, benessere psicofisiologico, fruibilità e facilitazione nell’orientamento.

Sappiamo – le neuroscienze insegnano – che un colore unico in uno spazio fa si che il cervello legga l’ambiente come una sorta di scatola, stressando per altro l’osservatore.
La rappresentazione di un “paesaggio” a più piani, con profondità, policromia, porta invece il precettore ad interpretare ciò che osserva, a secondo del proprio vissuto.

Il nostro sistema percettivo e sensoriale si orienta costantemente verso la scannerizzazione del campo percettivo alla ricerca di un significato potenziale; questa funzione, propria dell’organizzazione sensoriale e neurale, può essere compresa rispetto alla prospettiva biostorica. La capacità e l’immediatezza di comprendere il significato, addirittura in campi percettivi caotici e nascosti, ha avuto sicuramente un grande valore per la sopravvivenza durante il processo evolutivo. (…) L’immagine di un edificio parla immediatamente di protezione, familiarità e accoglienza o di minaccia, estraneità e ripulsa.”
(J. Pallasmaa, “L’immagine incarnata”, Safarà Ed., PN, 2014, pag. 96,97)

Dare orizzonti, profondità, tridimensionalità, contrasto (dove compare contrasto, le differenze tra colori e forme risultano meglio delineate) e policromia al luogo percepito, induce chiunque – anche in condizioni di fragilità psicologica, o cognitiva, o fisica – a ri-conoscere e percepire a livello biologico/istintuale quello che vi è attorno.

La messa in coerenza di un ambiente abitato o scena non si può attuare attraverso la semplice e uniforme tinteggiatura delle pareti, per questo ai colori individuati vengono associate forme a carattere di sistema che chiamiamo allogazioni. Configurazione di campiture, atte a formare linee di confine e una o più serie di quinte di profondità per costituire aree facilmente individuabili e memorizzabili per favorire un migliore orientamento e un ampliamento degli spazi percepiti. Le allogazioni non nascono per un intento decorativo e non sono elementi decorativi, ma strumenti percettivi capaci di imporre la loro presenza anche se interrotta da porte, finestre, pilastri, angoli.
La loro configurazione è pensata per essere sempre discriminabile come lo è un monte lontano che, seppure interrotto variamente alla vista di chi compia una passeggiata, rimane un fondale presente e rassicurante che aiuta l’orientamento (completamento amodale). Il progetto della scena viene attuato attraverso vari accorgimenti configurati come veri apparati scenici seppure bidimensionali in quanto realizzati solo con il colore.
Progettiamo scene che non vogliono essere imitative, ma iconiche e molto distanti dai classici trompe l’oeil che impongono una unica ipotesi di paesaggio, quella decisa dal decoratore.
Preferiamo progettare un generico primo piano, un secondo piano semi nascosto e un orizzonte intuibile, ma non visibile, che lascia la mente dell’osservatore libera di esprimere se stessa e il suo mondo interiore.
Diversamente (…) le pareti tinteggiate di un unico, anche se gradevole colore, farebbero risaltare solo l’involucro architettonico racchiudente. Il metodo di progettazione percettiva che si esprime attraverso campiture colorate, facilmente realizzabili da normali artigiani, invita la percezione cognitiva dell’osservatore a organizzare la parete come una scena che disgrega le superfici, offrendo diverse profondità esplorabili con l’immaginazione. Le aree (…) di transito (…) sono progettate con lo stesso approccio di base, ma calibrate diversamente per creare aree salienti utili all’orientamento.

Anche dal solo aspetto visivo dell’ambiente fisico e relazionale, l’utente trae un sistema di informazioni che determineranno non solo l’usabilità, ma anche quello che si può definire un immediato e inappellabile giudizio relativo alle qualità. Giudizio che mette in relazione superfici, oggetti e persone.
La presenza o la mancanza di cura si trasmette alle competenze. In un ambiente sciatto sarà più facile contestare la prestazione di cura.
Le neuroscienze hanno dimostrato la strettissima connessione tra la sfera psicologica e quella fisiologica (trasduzione psiche-soma); ciò ha messo in evidenza quanto sia importante un giudizio positivo sulla qualità ambientale di un luogo al fine della omeostasi psicofisiologica, quindi del cosi detto benessere.”
(A cura di: B&B Colordesign, A. Bottoli, G. Bertagna, “Progettare con il colore gli spazi di assistenza e cura”, 2018, Monza)


PROGETTO del PERCORSO/Corridoio 

I colori utilizzati sono stati rielaborati attraverso lo studio della palette con notifiche NCS, tenendo conto degli attributi psicometrici – tinta, chiarezza, cromaticità – per dare un ordine percettivo globale all’ambiente. Il sistema NCS permette una migliore gestione e comunicazione del colore progettato.
Porte ambulatori – colori delle porte diversificati, (costante la tinta) un colore chiaro e uno scuro per garantire la riconoscibilità da parte di tutti gli osservatori. Le porte sono inserite in una cornice bluastra più scura, ben identificabile e che riporta l’attenzione dell’osservatore alle due entrate dei laboratori.
Pareti – colori bluastri in piano di tinta, due nuances + colore caldo in frequenza opposta (giallo arancionato, non troppo cromatico)
Elementi tecnici – inseriti in schermature cromatiche, che permettono l’individuazione immediata e che nel contempo collocano in parete tutti gli oggetti, ordinandoli visivamente
Maniglione – messo in contrasto con fondo per migliore utilizzo
Porte per entrata/uscita – evidenziate dallo sfondo parete rossastra. Inserimento di freccia bianca a grandi dimensioni.
Immagini – I pazienti creano opere artistiche durante il lavoro nei laboratori d’arte. Sulla parete del corridoio vengono collocate delle aree bianche (NCS S 0500-N neutro), nelle quali si potranno in futuro posizionare i quadri realizzati dagli utenti. (Progetto partecipato).






Stato di fatto







DALLA TESI AL PROGETTO
di Martina Puviani

Partecipando al laboratorio “Il progetto cromatico percettivo negli spazi di cura” proposto all’interno delle attività formative dell’Università, tenuto dall’arch. C. Polli, sono stata colpita dell’argomento trattato, il quale ha destato in me un forte interesse e suscitato riflessioni rispetto al mio attuale ambiente lavorativo. Ho quindi deciso di dedicare a tale tema la mia tesi di laurea magistrale in Scienze Cognitive e Processi Decisionali (UNIMI La Statale, MI, Facoltà di Medicina e Chirurgia - Relatore Prof.ssa Chiara Guglielmetti, correlatore arch. Cristina Polli, a. a. 2018/2019).
Nello studio delle caratteristiche degli spazi, la letteratura evidenzia “la necessità di applicare un approccio olistico alla cura, che consideri, oltre agli aspetti strettamente medici, anche i molti altri elementi che condizionano la vita quotidiana del paziente nella struttura fisica e sociale dell’ospedale” (Del Nord & Peretti, 2012) e in tutti gli spazi sensibili. Viene inoltre data importanza allutilizzo del colore, come strumento in grado di migliorare l’orientamento e la navigazione all’interno degli ambienti (Dalke et al., 2006) e intervenire sui parametri biologici, psicologici e culturali, al fine di creare un sistema ecologico consono ai bisogni psicofisiologici dei precettori.
Da alcuni anni lavoro presso il Centro Diurno di una struttura psichiatrica all’avanguardia nella cura dei disturbi psichiatrici. Esso è, però, situato all’interno di spazi che portano i segni di passate credenze, secondo cui il bianco, per esempio, è considerato simbolo di pulizia e igiene e debba perciò prevalere nell’ambiente ospedaliero. Ho scelto di analizzare il corridoio che dai reparti ospedalieri della struttura porta i pazienti a raggiungere il Centro Diurno, in quanto fino a qualche anno fa era un luogo poco frequentato, mentre ora, a seguito di una ristrutturazione e alla modifica dei tragitti di percorrenza del p. t., ha assunto nuove funzioni, diventando una via importante di passaggio per molte persone (operatori, pazienti e visitatori). Analizzando con questionari la percezione del corridoio di pazienti e operatori, è subito risultato evidente che esso venisse percepito come monotono, anonimo, disorientante. Al fine di verificare quanto una riqualificazione cromatica fosse utile per rendere leggibile, fruibile lo spazio, migliorandone il senso di accoglienza e l’orientamento (wayfinding) e per dimostrare l’influenza reciproca tra ambiente e percettore, è stato quindi rielaborato un progetto di riqualificazione del corridoio, in collaborazione con l’arch. C. Polli. Il progetto è stato in seguito realizzato, con la partecipazione di pazienti e operatori, creando una situazione di stimolo terapeutico e riabilitativo.


Stato di fatto


Estrapolato dalla Tesi di Laurea

3.6 Analisi dell’elaborazione del progetto percettivo-cromatico
Di seguito vedremo nel dettaglio le diverse fasi progettuali che hanno permesso lo sviluppo e la creazione del Progetto Percettivo-Cromatico messo in atto:

  1. Il metaprogetto
Il percetto è un luogo di passaggio situato all’interno di un ospedale psichiatrico. Nei diversi sensi di percorrenza permette di raggiungere il Reparto delle Attività Riabilitative, l’ingresso/uscita dalla Clinica, il giardino del Reparto 1 e le scale di accesso al Reparto 2. È, inoltre, sede di accesso a due ambulatori, alla Cappella, alla camera da letto del medico di guardia per la notte e a due bagni per gli operatori. Il corridoio è, infine, una via di fuga.

Il gruppo di percezione risulta essere molto vasto, disomogeneo e i percettori in continuo mutamento. Al suo interno possiamo identificare tre macro categorie. Nella prima troviamo i dipendenti della struttura, che variano da personale sanitario (figure quali medici, psicologi, tecnici della riabilitazione psichiatrica, infermieri e operatori socio-santari), al personale amministrativo, ma anche al personale dei servizi di pulizia, manutenzione e della cucina. La seconda categoria è composta da pazienti ricoverati nei due Reparti ospedalieri (con una durata di permanenza molto variabile, da pochi giorni a 6 mesi circa) e i pazienti che accedono al Centro Diurno durante la giornata e a fine attività tornano alle proprie case; gli utenti della struttura presentano età molto variabili e svariate diagnosi. Abbiamo, infine, i visitatori, tra i quali identifichiamo amici e parenti dei pazienti ricoverati e personale sanitario che accede per incontri all’interno dell’Ospedale.

Gli obiettivi principali, individuati sulla base dell’analisi preliminare del percetto e sulle necessità dei percettori, risultano essere il miglioramento delle indicazioni delle diverse aree da raggiungere e la possibilità di distinguere e risaltare i diversi ambienti.

Stato di fatto


  1. L’analisi preliminare
Sulla base delle caratteristiche dei pazienti è stata riconosciuta la grande importanza della possibilità di riuscire a identificare facilmente i due ambulatori e a distinguerli l’uno dall’altro; esigenza riscontrata anche tra le priorità degli psicologi e dei medici che svolgono la loro attività lavorativa all’interno di tali studi.
Per i visitatori, inoltre, emerge la necessità di lavorare sull’orientamento e la fruibilità del corridoio.

  1. La linea di progetto
Per rispondere ai quesiti emersi dall’analisi preliminare e per raggiungere gli obiettivi del metaprogetto, sono state ideate diverse soluzioni che modificano il design del percetto. È stata infine scelta la soluzione ritenuta maggiormente efficacie e piacevole al momento del confronto con il gruppo di percezione.

“La linea di progetto rappresenta l’essenza creativa del progetto, dove le motivazioni tecniche e scientifiche si integrano con l’aspetto emozionale, estetico, etico e di sostenibilità dell’intervento previsto”. (Bertagna & Bottoli, 2009)

(...)

  1. Gli elaborati definitivi
Il Progetto Percettivo-Cromatico ha l’obiettivo di riqualificare la percezione dell’ambiente attraverso l’analisi di diversi fattori. In particolare abbiamo lavorato su:
  1. Orientamento e comunicazione (applicazione wayfinding): obiettivo realizzato con l’uso del colore e l’applicazione di segni grafici. In particolare incorniciando gli ambulatori per renderli più evidenti nel lungo corridoio e tingendo con due tonalità del medesimo colore le porte dei due ambulatori, altrimenti non identificabili. Per dare direzione al corridoio è stata dipinta una freccia bianca sulle pareti che indica l’uscita, mentre sul lato opposto è stato applicato il segno grafico "2" che indica l’accesso al Reparto 2. È stato dato risalto al corrimano (importante strumento di supporto per la deambulazione) grazie al contrasto cromatico con la tinta della parete. Sul soffitto è stata dipinta una linea arancio che accompagna il percorso lungo tutto il corridoio. Infine, la segnaletica di emergenza è stata incorniciata per fornirle un maggior risalto e per poterla individuare rapidamente.
Foto del progetto realizzato

  1. Clima cromatico per una migliore qualità della vita ed accoglienza delle persone che vivono lo spazio: utilizzando principalmente due tinte, azzurro e arancione, e lavorando grazie alla policromia attraverso alcune sfumature delle medesime tinte, è stato creato un ambiente che si ispira al “modello percettivo naturale”. Lavorando, inoltre, attraverso la percezione delle tinte a diversa frequenza elettromagnetica, sui livelli di vicinanza e lontananza, si è voluto annullare l’effetto tunnel dato dalla lunghezza del corridoio.
Il progetto prevede, infine, il coinvolgimento degli utenti in un progetto partecipato per la realizzazione delle campiture cromatiche e per la realizzazione di tre opere pittoriche che si andranno a distribuire lungo la parete azzurra, di fronte agli ambulatori dove attualmente sono previste 3 finestre bianche.


























3.6.1 Discussione della messa in opera del progetto percettivo-cromatico
Di seguito verranno analizzati i vari passaggi che hanno permesso lo sviluppo e la realizzazione del progetto percettivo-cromatico.

“Da sempre ci chiediamo quali emozioni possa suscitarci il luogo in cui siamo e viceversa, se il nostro stato d’animo possa modificare la percezione che abbiamo di un posto. Appare ragionevole affermare che l’influenza sia reciproca. In quest’ottica, infatti, emozioni ambientali e preferenze ambientali sono strettamente legate: un ambiente suscita stimoli piacevoli o spiacevoli, attrae o respinge un individuo in base alle esperienze passate e agli scopi attuali dell’individuo stesso.” (S. Di Nicola cita Baroni, 2008)

Dalla ricerca di Kaplan e collaboratori sul modello della preferenza ambientale, emerge che “le preferenze ambientali vengono spiegate come l’esito di un processo evolutivo in termini di adattamento e si riferiscono a qualità ambientali percepite come coinvolgenti e produttrici di senso” (R. Kaplan & Kaplan, 1989; R. Kaplan, Kaplan, & Brown, 1989; S. Kaplan, 1987) ; sostengono, inoltre, che l’attribuzione da parte di un individuo di una valutazione “affettiva positiva” ad un ambiente si verifica solamente se quest’ultimo soddisfa le condizioni di coerenza, leggibilità, complessità e mistero.
Col termine coerenza ci si riferisce alla possibilità di ricondurre il luogo ad uno schema già noto e memorizzato.
La leggibilità indica la presenza di informazioni che facilitano la comprensione dell’ambiente e favoriscono l’orientamento come, ad esempio, la possibilità di identificare i percorsi e le eventuali affordance. Una mappa illeggibile o un ambiente indecifrabile nei suoi possibili usi suscitano nell’individuo un vissuto di inadeguatezza personale e frustrazione.
Complessità, cioè fornire ricchezza di stimoli percettivi, comunque leggibili, che favoriscono la valutazione positiva.
Infine, il mistero è la caratteristica che riguarda informazioni non immediate, ma da “scoprire”, anche attraverso il movimento e l’esplorazione; si ricollega al desiderio primordiale di conoscere ciò che ci circonda senza apparirci minaccioso.
Questi aspetti si possono riassumere nel concetto di supporting environment (ambiente che sostiene) proposto da Canter (1983) , cioè di ambiente che favorisce il soggetto ad ottenere tutte le informazioni che necessita e ne facilita le azioni.
Sulla base di quanto appena descritto e sulla base dei dati raccolti grazie al questionario, il progetto percettivo-cromatico attuato sul corridoio esprime appieno tutte le caratteristiche individuate dal modello della preferenza ambientale:
  • Coerenza: il percorso è lineare lungo il corridoio.
  • Leggibilità: la cornice blu attorno alle porte mette in risalto i due ambulatori già a distanza; il colore delle porte degli studi di due tonalità, una chiara e l’altra più scura, permette di distinguere le due stanza anche per coloro che hanno difficoltà di daltonismo; le indicazioni della freccia bianca e “reparto 2” permettono di orientarsi nel corridoio e, infine, il corrimano arancio scuro su fondo blu viene risaltato dal contrasto cromatico favorendone l’individuazione in caso di necessità.
  • Complessità: lo schema delle allogazioni cromatiche fornisce ricchezza di stimoli al percettore, ciò è implementato anche dalla presenza di tre opere pittoriche.
  • Mistero: la grande freccia bianca suscita nell’osservatore, dall’altro estremo del corridoio, la curiosità di avvicinarvisi per scoprire cosa indica portando così il soggetto a identificare l’uscita e il Centro Diurno.
La scelta cromatica del progetto percettivo è una scelta ecologica, che si rifà all’ambiente naturale. Quest’ultimo, come evidenziato dagli studi di Corth e Rudermann, ha influito in modo sostanziale sull’evoluzione stessa dell’essere umano. Da sempre, infatti, l’atto percettivo ha determinato la sopravvivenza dei nostri antenati, i quali, per adattarsi all’ambiente, hanno dovuto sviluppare una sempre maggior capacità di distinguere rapidamente situazioni di pericolo o, al contrario, di vantaggio.
“È convinzione della scienza che gli organismi viventi, nella loro evoluzione, abbiano sviluppato processi e strategie biologiche strettamente associate al loro ambiente (L. Ronchi cita Corth, 1983) e che le caratteristiche dell’ambiente influiscano sulla struttura neuronale del sistema visivo” (L. Ronchi cita Rudermann, 1997). Lucia Ronchi sempre citando Corth sottolinea che “per svariati milioni di anni i primati sono stati esposti alla luce diurna filtrata dalla vegetazione delle foreste; questa luce ha una distribuzione spettrale che presenta un massimo a 550 nm, proprio in corrispondenza del massimo della curva di efficienza visiva” (colore verde).
Ciò va ad incidere su due aspetti principali del nostro sistema visivo:
  • Percezione di vicinanza e lontananza che abbiamo dei diversi colori: i colori ad alta frequenza relativa appaiono più lontani rispetto a quelli di minore frequenza relativa;
  • Attivazione del sistema nervoso a seconda dei diversi colori: la luce a lunghezza d’onda corta attiva il Sistema Nervoso Autonomo Parasimpatico (fa restringere le pupille, diminuisce la pressione arteriosa, rallenta l’attività cardiaca, contrae i bronchi, stimola l’attività gastrica...) mentre i colori a lunghezza d’onda lunga attivano il Sistema Nervoso Autonomo Simpatico (dilata le pupille, aumenta la pressione arteriosa, aumenta l’attività cardiaca, rilascia i bronchi, inibisce l’attività gastrica...). La luce selettivata a lunghezza d’onda media ha un effetto modesto sul Sistema Nervoso Autonomo.
“Affinché un colore abbia gli effetti desiderati, deve essere proposto insieme con uno o più altri colori di accompagnamento di diversa lunghezza d’onda, in diverse quantità di superfici e in opportune allogazioni” (Bertagna & Bottoli, 2009, p. 196) .
Per questi motivi nel presente progetto percettivo-cromatico sono stati scelti colori a diversa lunghezza d’onda, adeguatamente progettati e abbinati, per favorire la percezione di un ambiente più ecologico. Inoltre, i due estremi del corridoio sono stati pitturati con tinte tendenti al rosso (caratterizzate da bassa frequenza elettromagnetica) per influire sulla percezione visiva dei fruitori, ottenendo così un effetto di maggior vicinanza che riduce il senso di profondità del lungo corridoio.
Il progetto ha subito una variazione in corso d’opera rispetto alle indicazioni “Reparto 2” da apporre sulla porta Rei antincendio. Diversamente da quanto concordato durante la stesura dell’elaborato definitivo, l’ingegnere ci ha comunicato l’impossibilità di apportare qualsiasi modifica alla porta Rei in quanto ciò avrebbe inciso sulla certificazione a Norma Uni rilasciata dal produttore. L’alternativa studiata è stata quella di apporre le indicazioni sul pavimento a inizio e fine del corridoio, in quanto, altrimenti, non sarebbero state visibili da una parte all’altra del tragitto.
(...)
La ricerca/intervento (action-research) è una tipologia di ricerca, utilizzata nel presente studio, che si pone come obiettivo primario quello di modificare una situazione attraverso le conoscenze acquisite mediante la ricerca. Quindi, una RicercAzione è una ricerca che viene fatta non solo per conoscere una situazione, ma per modificarla nel momento stesso in cui la si studia, utilizzando le conoscenze che si hanno di essa. In modo simultaneo, quindi, si analizza, si conosce, si prende coscienza e si modifica una situazione. Inoltre una ricerca/intervento, a differenza di una ricerca sociale, è progettata e condotta in modo collettivo, coinvolgendo quindi i fruitori dello spazio studiato.
Nel caso specifico il progetto ha previsto la partecipazione di diversi operatori e pazienti nello studio delle caratteristiche dell’ambiente e nell’identificazione dei miglioramenti da attuare. Inoltre, le modifiche e l’attuazione del progetto percettivo-cromatico hanno visto la partecipazione attiva di diversi pazienti che autonomamente hanno espresso il loro interesse a far parte del progetto concretizzando la coproduzione di uno spazio condiviso.
Ciò ha influito in modo incisivo sulla propositività, sull’attivazione e sull’autostima dei pazienti a livello terapeutico, in quanto vi hanno preso parte anche persone che non avevano accettato di partecipare alle attività riabillitative programmate.

Infine, riporto di seguito alcune delle frasi/commenti che i diversi fruitori del corridoio hanno espresso durante i lavori. Il corridoio, durante l’attuazione del progetto cromatico, ha mantenuto infatti il suo quotidiano utilizzo da parte di operatori, pazienti e visitatori, che hanno potuto quindi osservare l’evolvere del progetto nelle sue diverse fasi.
  • Adesso si che è piacevole passare per queso corridoio.
  • Dà serenità il corridoio così colorato.
  • Che bello!
  • Venite anche a casa mia?
  • Quand’è che fate anche i Reparti? Sarebbe moto più bello.
  • Sono proprio belli questi colori.
  • In quei quadrati cosa ci viene? Rimangono così?
  • Anche a casa mia vorrei una cosa così.
  • Spiegami cosa ci viene qua.
  • Le frecce servono proprio.
  • Adesso passo sempre da questo corridoio piuttosto che passare per il giardino.
  • È bellissimo/stupendo.
  • Voglio partecipare per lasciare il segno.
  • Belle le due porte degli ambulatori differenziate.
  • Speriamo che la freccia sia sufficiente. Ci credo poco…
  • Quella freccia cosa indica?
  • Avete fatto proprio un bel lavoro.
  • È interessante come, nonostante l’aspetto del corridoio sia stato cambiato completamente, questo abbia mantenuto comunque un “atteggiamento istituzionale”.
  • Sembra di entrare in un altro mondo quando si passa da questo corridoio.

Proprio cogliendo le sollecitazioni provocate dai commenti sopra elencati nasce una riflessione che può rispondere alla domanda iniziale: “Il prendersi cura dell’ambiente in cui si vive, favorisce il senso di appartenenza al luogo e migliora l’abitare (nel senso di “stare nel luogo”)?”
Nei diversi commenti le persone esprimono la voglia di trascorre più tempo in quel luogo tanto, in alcuni casi, da volerlo riprodurre anche nell’ambiente domestico. Primi tra tutti i pazienti, che durante la realizzazione del progetto, esprimevano la voglia e l’interesse nel prendervi parte, tali da lavorarci nei momenti di riposo.
Tenendo, inoltre, in considerazione l’investimento di energie e tempo spesi nel prendersi cura dell’ambiente se ne deduce un forte senso di appartenenza, atto anche a migliorare gli ambienti che si vivono quotidianamente per renderli più piacevoli e accoglienti.

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Durante la messa in opera del progetto cromatico, come si è potuto notare anche dalle frasi riportate nel sottoparagrafo 3.6.1 “Discussione della messa in opera del progetto percettivo-cromatico”, molti sono stati i commenti e i feedback estremamente positivi rispetto l’estetica dell’ambiente. Per quanto riguarda il miglioramento dell’orientamento, per cui non è stato possibile raccogliere dati empirici, si sono potute osservare alcune situazioni molto indicative che si sono verificate sempre durante la realizzazione del progetto. Ad esempio, durante la messa a punto delle indicazioni a pavimento per il Reparto 2, si è potuta osservare inizialmente una reazione di smarrimento e un’espressione perplessa sul volto di un visitatore associate a un’andatura titubante, successivamente alla lettura delle indicazioni, il volto si è disteso mostrando una mimica più rilassata, accompagnata da un passo più deciso.
Il progetto è diventato, inoltre, uno spazio terapeutico e riabilitativo per i pazienti in tutti i sensi. Ha evitato l’assunzione di terapia al bisogno, coinvolto persone che diversamente sarebbero rimaste in camera e ha fornito la possibilità di svolgere attività manuali, pratiche e della vita quotidiana e lavorativa, che diversamente, all’interno di un contesto ospedaliero, difficilmente è possibile svolgere, andando quindi a incidere positivamente sul benessere dei pazienti.
Il progetto descritto può considerarsi concluso, ma risulta essere un’importante fonte di studio per la raccolta e analisi dei dati sulla percezione del “nuovo” corridoio.

Diverse sono state le difficoltà riscontrate nell’attuazione del progetto. Prime fra tutte, al di là di quelle tecnico-logistiche già affrontate, le resistenze basate su false credenze (policromia disorientante) e gli scetticismi sulla reale possibilità di attuare un progetto di una tale portata solo grazie alla partecipazione di pazienti e operatori. Nonostante ciò, grazie alla Direzione che ha supportato e creduto nelle potenzialità terapeutiche del progetto sostenuto da evidenza scientifica, è stato possibile portarlo a termine. Man mano che il corridoio prendeva nuova forma, anche coloro che inizialmente erano titubanti sulla sua reale riuscita, hanno poi espresso feedback positivi riguardo i risultati ottenuti.

Dunque, si può affermare che, grazie a questo studio, è stato possibile mettere in discussione le credenze che l’utilizzo della policromia risulti disturbante e fastidiosa e che all’interno degli ambienti ospedalieri si debbano utilizzare solo colori tenui e tendenti al bianco: “È interessante come, nonostante l’aspetto del corridoio sia stato cambiato completamente, questo abbia mantenuto comunque un “atteggiamento istituzionale””.

Questo, risulta quindi essere un punto di partenza per una nuova e approfondita riflessione sul tema della cura dell’ambiente come cura della persona, specie in una zona geografica in cui, anche se conosciuto, il tema è poco applicato.”