mercoledì 22 luglio 2015

Colore e sensi

 
















Se ne abbiamo voglia un buon  bicchiere di vino rosso o bianco ci alletta; anche se non lo assaggiamo subito, guardandone il colore rubino o ambrato, sappiamo di poterlo bere.
Ma qualcosa cambia, inevitabilmente, se ci viene offerta una bevanda dalla tinta non proprio familiare...




Così per una fetta di panettone, che deve essere dorata, calda, cotta, con i colori "sani" di cibo "commestibile".
Se ci dicessero di assaggiare un panettone verde o blu, cosa faremmo?





Come detto più volte, il progetto cromatico è strettamente unito agli aspetti percettivi, psicofisiologici e sensoriali.
Il colore porta con sè valenze sinestesiche ed esprime, contestualizzato di volta in volta in ambiti diversi, funzioni e segnali ben precisi. Possiamo leggere tali segnali e/o funzioni, attraverso la nostra realtà sensoriale, che costantemente interpreta e mette in discussione la visione del mondo.

" Per sensi si intendono i cinque classici sensi esterni (vista, udito, tatto, olfatto e gusto) e i sensi interni. Per i sensi esterni si parla di esterocezione, mentre per i sensi interni si parla di enterocezione (quello che ci dicono, di bello e di brutto, i nostri visceri, dall'intestino alla vescica) e di propriocezione (ossia l'informazione che ci arriva dallo stato momentaneo di tensione dei nostri muscoli: se riusciamo a inginocchiarci, ma anche a stare in piedi o seduti, se non cadiamo dal letto quando dormiamo, lo dobbiamo agli stimoli propriocettivi che dalle varie parti del corpo giungono al cervello).
(...) ...i sensi non osservano passivamente il mondo circostante, ma lo interrogano, ponendo domande specifiche – programmate e codificate nel genoma di ogni individuo – alle quali possono essere date un numero ristretto di risposte appartenenti a un inventario definito." (Edoardo Boncinelli, "La vita della nostra mente", Ed. Laterza, Roma-Bari, 2011, pag. 88)

Particolarmente interessante è l'esistenza di una cooperazione fisiologica tra tatto e vista, che conduce ad una percezione aptica (aptico, dal greco, tattile, tangibile), per cui tutto il corpo percepisce attraverso la tattilità, unitamente alla vista.

Il colore ci comunica sensazioni termiche: lo vediamo e sentiamo come freddo (vicino all'area blu), caldo (vicino all'area rossa). L'area verde-blu ci ricorda ciò che è rinfrescante o umido.
Tattili: esso ci appare più o meno duro, morbido, leggero...Acustiche: lo vediamo come acuto, grave, sordo...Olfattive e gustative: il colore ci dà una sensazione di dolcezza, o acidità...

Ciò che noi percepiamo, diviene riconoscibile attraverso meccanismi che includono nella totalità il nostro "sentire" , il nostro "essere" psiche e soma. Comportamenti e azioni, vengono finalizzati sempre ad uno scopo preciso (sopravvivenza) e filtrati da una percezione globale, che permette la comprensione della scena.

Il colore, debitamente unito a forma, texture, materia, grana, luce, contesto, diviene elemento percettivo basilare per raccontare, informare, segnalare, provocare; crea ponti sinestesici; aiuta nella lettura ambientale; lavora sui nostri livelli polisensoriali; definisce l'immagine scenica.






Colore MORBIDO





Colore APTICO
  Blu Klein        








Colore ACUTO



lunedì 13 luglio 2015

Progetto colore e sessismo


















Credevo non mi sarebbe più capitato di sentir dire: " Per i colori dei locali ci pensino le donne" ed invece ecco che riappare come per magia lo spirito divisionista che separa competenze, gusti, sensibilità, distribuendo compiti e capacità a sessi diversi.

Mi sento amareggiata (proprio con l'amaro in bocca) per una superficialità che però va ad inficiare sul lavoro professionale di chi sta impostando scientificamente il proprio progetto.

Innanzitutto non so chi abbia deciso che le donne debbano avere obbligatoriamente una maggiore capacità/sensibilità nel decidere quali tinte o colori siano più o meno appropriate in uno spazio; inutile sottolineare che non ci sono differenze tra uomini e donne nella professione del color designer; caso mai ci sono metodi e approcci diversi, ma nulla hanno a che vedere con il sesso.

Secondo punto: ci pensino le donne come a dire: il colore è un fatto estetico, femminile, di puro gusto, io uomo non ne capisco e non ne voglio neanche capire, perché poca importanza ha, alla fine, in una ristrutturazione/riqualificazione e perché non mi compete.
GUSTO? ESTETICA? DECORAZIONE? Siamo ancora a questi vetusti livelli?

Terzo punto: ma il progettista, anzi LA progettista, che ruolo ha? Nel gruppo di donne al plurale menzionato dal proprietario/committente, dove è collocata l'architetto? Il progetto cromatico non è ancora considerato un reale progetto, ma una decorazione da aggiungere per bellezza? Le competenze, conoscenze, basi interdisciplinari tecniche e scientifiche che servono di supporto al progetto cromatico percettivo e di cui si avvale l'architetto o color designer, possono essere scavalcate da chiunque desideri dire la sua? Con tutto il rispetto, non sono io di certo qualla che sostiene la prevaricazione del progettista sul committente, anzi! Ben venga lo scambio, la comunicazione, il cercare di assolvere e risponedre ai bisogni di chi richiede il lavoro, mettendo in primo piano le persone e le loro esigenze. 
Diverso però è delegare ad un imprecisato gruppo di donne, con mollezza e indelicatezza, il progetto- non-progetto, senza dare la dovuta importanza alla componente cromatica e alla sua collocazione/allogazione nello spazio.

Polemica? Forse. O solo stanca.