mercoledì 27 aprile 2011




"Se pensiamo alle città, il nostro contatto con esse (con New York, per esempio) è un allungare il collo verso l'alto. Il turista un po' grezzo va in giro per New York a vedere le sue meraviglie, e alla fine della sua vacanza ha il collo irrigidito. Invece, il rapporto fra esseri umani ad altezza d'occhio è una parte fondamentale dell'anima nelle città. Il volto delle cose – la loro superficie, il loro rivestimento – il modo in cui leggiamo ciò che s'imbatte in noi ad altezza d'occhio. Come ci studiamo l'un l'altro, come ci guardiamo in faccia, come ci leggiamo – è così che avviene il contatto d'anima. Una città, quindi, avrebbe bisogno di luoghi per questi contatti umani ad altezza d'occhio. Dei luoghi d'incontro. Un incontro non è soltanto un incontro pubblico, è un incontro in pubblico: le persone che s'incontrano fra loro. Fare una pausa dove è possibile avere un momento di contatto ad altezza d'occhio. Se la città non ha dei posti per fare una pausa, come è possibile incontrarsi? Passeggiare, mangiare, chiacchierare, spettegolare. Per la vita della città sono enormemente importanti quei luoghi dove si può chiacchierare. La gente se ne sta vicino a un distributore di bevande fresche e racconta di quello che succede, e quelle chiacchiere sono lavita stessa della città. Si parla in modo diverso da dietro una scrivania o nel séparé di un caffè. Chi ha visto chi, dove; cosa c'è di nuovo, cosa succede – un po' della vita psicologica della città.
Abbiamo bisogno anche di luoghi per il corpo. Luoghi dove i corpi si vedono, s'incontrano, sono in contatto fra loro..." (J. Hillman)





 

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