lunedì 20 aprile 2020

SPAZI DI VITA URBANA - una visione diversa

“Dobbiamo considerare la città non come un oggetto a sé stante, ma nei modi in cui essa viene percepita dai suoi abitanti” (K. Lynch)


SPAZIOTECA
Spazi inviolabili. Dell'immaginazione. Della volontà. Spazi del tempo. Irraggiungibili. Spazi ridotti. Unici. Incomparabili. Destinati. Insuperabili. Ingestibili. Complicati. Inerti. Coperti. Ludici. Luridi. Spazi di COLORE. Di MUSICA. Di parole. Tra le parole. Di silenzi. Giovani. Vecchi. Di tendenza. Di abbondanza. Di fame. Di Sete. Di freddo. O di caldo. Spazi per la pausa. Di SOGNO. Di risate. Di lacrime. Protetti. Protettivi. Aperti. Chiusi. Di progetto. Percorribili. Deserti. Di stanchezza. Inutili. Gioiosi. Giocosi. Noiosi. Spazi che catturano. Che invitano. Che condizionano. Che appagano. Che rispondono. Che lasciano. Che spingono. Che affrettano. Che rallentano. Che imprigionano. Che liberano. Che spengono. Che illuminano. Spazi di vita. Di morte. Polverosi. Accesi. Bui. Lindi. Grandi, Piccoli. Estesi. Lontani. Vicini. Spazi interiori. Incorporei. Giustificati. Ingiustificabili. Incomprensibili. Disturbanti. Accoglienti. Spazi di dolore. Senza nome. Occupati. Individuati. Riconoscibili. Identificabili. Leggibili. Figurabili. Anonimi. Veri. Antichi. Spazi di memoria. Evocativi. Simbolici. Rigeneranti. Sensoriali. Sinestesici. Circoscritti. Percettivi. Percepiti. Dannosi. Di cura. Temporanei. Infiniti. Parziali. Totali. Permanenti. Localizzati. Visti. Acquisiti. Acquistati. Svenduti. Da vedere. Da osservare. Da ascoltare. Da trovare. Da cercare. Esistenti. Vissuti. Noti. Esclusi. Esclusivi. Ignoti. Ignorati. Ignoranti. Bugiardi. Forti. Pieni. Vuoti. Sinceri. Reali. Esasperati. Isolati. Fantastici. Concreti. Astratti. Direzionali. Involutivi. Evolutivi. Psichedelici. Psicologici. Animali. Selvaggi. Naturali. Antropizzati. Civili. Incivili. Spazi che escono. Che entrano. Che fluttuano. Spazi d'arte. Di storia. Di gente. Espressivi. Emozionali. Sentimentali. Spazi di niente. Di tutto. Circocentrici. Di forma. Formali. Con delle forme. Esistenziali. Filosofici. Religiosi. Spirituali. Metafisici. Materiali. Critici. Soggettivi. Collettivi. Spazi che giudicano. Che scelgono. Che interagiscono. Che restano muti. Che impongono. Che non dialogano. Che catturano. Che illudono. Che assomigliano. Che relazionano. Che inducono. Che riducono. Allargano. Comprimono. Dilatano. Vibrano. Che giocano. Destabilizzano. Ricreano. Energizzano. Stimolano. Annichiliscono. Vietano. Provocano. Affascinano. Spazi di induzione. Di corruzione. Di perdita. Di forza. Di punti. Di paura. Spazi che comunicano. Universali...Violati.


Qual'è il senso di spazio oggi? Quale di luogo? La città che Lynch definisce attraverso le modalità in cui viene percepita e fruita dalle persone, che posto è?


Dovremo muoverci, comunicare, in un tempo/spazio diverso, dove le distanze prossemiche conosciute cambieranno. Misure di sicurezza, come distanza obbligatoria, mascherina, anche i guanti, svilupperanno nuovi scenari di fruizione. La nostra percezione di noi stessi, dell'altro e dell'ambiente subiranno una mutazione, in un modo o nell'altro. 
Siamo strutture che "si adattano", che riescono a trovare il modo di modificarsi per spirito di sopravvivenza, insito in noi da quando l'uomo è apparso sulla terra. 

Adesso però è complicato. Pensarci, è complicato. Perchè siamo abituati a stringerci la mano quando ci salutiamo, ad abbracciarci, a chiacchierare vicini, a passeggiare sottobraccio, a sederci sulle panchine uno accanto all'altro, a lavorare sulla stessa scrivania, a soffermarci a discutere e a riflettere davanti ad una tazza di caffè, ad osservare senza impedimenti e senza timori l'ambiente attorno...Interagiamo con lo spazio, con noi stessi e con gli altri costantemente in modo biunivoco, scambiando dati, interpretando, utilizzando tutto il corpo. La nostra è una realtà incarnata. Gli spazi urbani, il nostro modo di percepirli e di viverli, i nostri bisogni, cambieranno. Almeno per un pò.


I vuoti e i pieni, i silenzi e i suoni, si dilateranno, così come i tempi. La gestione di artefatti e degli stessi luoghi urbani troverà una diversa collocazione nelle nostre vite. 
Quali saranno i nuovi bisogni? Quali sono? Come bisognerà agire? Perchè? Per chi? Quale il nuovo senso di bellezza? 
Se vi è stata o meno una "perdita del centro", forse dovremmo, in questa occasione, ri-trovarla nella costruzione di rispetto e umanità, di collaborazione, di solidarietà, di vicinanza  - che appare paradossale come termine, ma è necessaria - con chi ha bisogno, di apertura mentale, di rinnovamento, di cambiamento. Progettare e lavorare per la vita.





Dovremmo tutti cominciare ad approcciarci ad un nuovo modo di pensare alla città. Perchè ciò che ora è momentaneo, che fluttua in un dilatato estemporaneo spazio fatto soprattutto di paure, emozioni, sentimenti, preoccupazioni, altro non è che un campanello che dovrebbe farci svegliare: uniamo le forze per rigenerare luoghi, per progettare "per l'uomo", per rivedere ciò che davvero non funziona, per osservare, accorgerci, ascoltare.
Fermiamoci, davvero però. Impariamo a ricominciare e a lavorare insieme. Ognuno con la sua capacità e desiderio di rinascita. Ognuno con la propria professionalità.



Abitare. Abitare significa "stare in un luogo". Stare in un luogo vuol dire dare dei significati a quel luogo. 

...Siamo noi che diamo significati...






 

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