giovedì 7 novembre 2013

I colori di Berlino


Judisches Museum. Daniel Libeskind. 1999


Berlino è una città che racconta. Trasuda drammi e dolori vissuti, trascorsi, non ancora troppo lontani per essere solo evocati, non ancora così risolti per essere soltanto testimonianze. Non si può, non si deve dimenticare.
Ma a parlare del passato non sono le persone, bensì i manufatti, l'architettura, le pietre, i pieni e i vuoti, luoghi, spazi e paesaggi che, mentre cammini, sussurrano, ti sfiorano, ti conducono verso altre direzioni temporali.

Postdamer Platz

 
Mi chiedo, passeggiando a naso in su, ammaliata dalle monumentali architetture contemporanee di Postdamer Platz, quale siano i veri colori di Berlino. 




Riflessi nelle vetrate del Sony Center o dell'edificio di Renzo Piano, si scorgono scure ombre di altri edifici, giochi di geometrie dati dalla cupola di Helmut Jahn, sempre con tonalità grigie argentee, bianche, specchiate e avvolgenti.

Particolare edificio nel lotto Daimler Chrysler. Renzo Piano. 1998

  Cupola nel Sony Center. Helmut Jahn. 2000  




Un caleidoscopio di immagini senza molti colori, con macchie di verde naturale e il rosso di alcuni particolari che attirano la mia attenzione.



Il nuovo si inserisce nell'antico e si fa riconoscere attraverso i suoi materiali lucenti, tecnologici; non stravolge però la palette colori che fa di questa città un tutt'uno cromatico, coi suoi grigi, le tinte naturali delle pietre, i bianchi, i marroni, i beige, i crema, le sfumature del cemento.




Alexanderplatz







Il colore nell'architettura esiste, certo. Basti pensare ai grandi esempi: da Bruno Taut ad Aldo Rossi. (Quartiere Schutzenstrasse 1994-1997). O al Berlin Airport Hotel di Petersen Architekten, 2013 (Foto di Jean Bitter Fotografie). Però diviene anch'esso geometria, all'interno di un quadro più sfumato, omogeneo, compatto.



 
Il colore che dialoga è invece quello dei segni, dei segnali, dei graffiti, delle luci notturne che mutano l'aspetto dei luoghi, delle pubblicità, degli interni visibili dal fuori, dell'arte di strada.


 





 





Diviene messaggio di vita, all'interno del ricordo; un percorso che conduce altrove, al di là dell'emozione, verso il desiderio di dire, di esternare, di rinnovare, di “fare luce”.


Cammino e sento, ascolto in me le voci che Berlino ha dentro le sue pietre, i suoi palazzi, le sue vie lastricate...Ci sono colori che non si vedono, ma ti trapassano il cuore.
Colori che non possono passare inosservati.

 
Memoriale. Peter Eisenman. 2005

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