giovedì 20 novembre 2014

COLORE E TRASPARENZA


O.T. Blanca. fermata Toledo. Napoli


O dovrei dire "la trasparenza del colore".
Colore secondo alcune teorie, etimologicamente deriva anche dal latino celare, nascondere.
Diciamo che preferisco "giocare" sul profondo senso illusorio della visione, per cui anche la realtà che ci appare colorata è invece acromatica e che il colore, frutto della nostra percezione, diventa una sorta di pennellata gettata su di un mondo senza tinte. Forse cela comunque qualcosa...
La trasparenza mi affascina. Fa parte della nostra esperienza ancestrale, del nostro vivere biologico, fisiologico. Esiste in natura, è nell'aria, nell'acqua, nei cristalli, nelle foglie attraversate da un raggio di sole...










La trasparenza è una proprietà visiva riferita alla trasmissione della luce visibile. Interessa l'intero corpo del materiale.
Le proprietà sono la nitidezza e la nebulosità.
Se un corpo lascia intravedere un oggetto retrostante, senza distinguerne perfettamente i contorni, è detto translucido.
Se non lascia vedere nulla, è opaco.




Kartell













I colori volume sono quelli della trasparenza, Ad essi appartengono quei colori che, facendo parte di uno spazio tridimensionale, lasciano intravedere altro. Questi colori sono percepibili in volumi reali, concreti, tangibili: solidi trasparenti, ghiaccio, cristallo...; ma anche in elementi fluidi, come i colori dei liquidi.
Secondo lo psicologo tedesco David Katz infatti, vi sono tre modi di apparenza dei colori: i colori SUPERFICIE (dell'oggetto), i colori FILMARI (della lontananza) e i colori VOLUME (della trasparenza), poi differenziati dai colori STRUTTURALI (dell'illuminante ambientale), dai colori LUCE (della sorgente luminosa) e dai colori RIFLESSO (colori indiretti).





 




Per Josef Albers la trasparenza, così come il colore in generale, subisce l'influenza degli aspetti illusori propri della percezione. In questo esempio tratto dal suo testo “Interazione del colore”, Il Saggiatore, MI, 2013, possiamo vedere una tavola dove sfondo scuro verso un centro chiaro (sintesi additiva) e fondo chiaro verso un centro scuro (sintesi sottrattiva) ci danno la sensazione di trasparenza, che non è reale, ma così come la miscelazione dei colori, è percepita, illusoria.





Superfici colorate, anche se opache (una parete dipinta, per esempio), possono generare la percezione di trasparenza. Affinché ciò accada due delle aree interessate dalla visione, devono avere una zona di sovrapposizione, colorata con un colore intermedio tra i due adiacenti.
In generale viene considerata trasparente la superficie più chiara.




Progettare un ambiente policromatico, con trasparenze, variazioni di luminanza, gradienti di tinta, salienza (J. Gibson) ci aiuta a leggere correttamente uno scenario, le forme e le distanze degli elementi che lo compongono. Inoltre contrasti di chiarezza, di saturazione e di tinta, ci servono per comprendere, distinguere elementi nello spazio, orientarci, dare giuste valutazioni sensoriali. Il tutto risponde ai nostri bisogni psicofisiologici.



Dale Chihuly

Nella trasparenza colgo il senso del sogno, dello smarrirsi in un nulla, nell'ignoto, senza però l'angoscia della perdita e lo sgomento che il nulla può dare. E' la sensazione dolce dell'immaginare, del lasciarsi andare leggermente a fantasiose scoperte.
Nello stesso tempo mi porta a riflettere sulla consistenza paradossale del trasparire, quell'essere e non essere in evidenza, che dice apertamente c'è qualcosa al di là, sotto, dietro, in fondo...e anche se non la vedi davvero, è proprio quella parte che diventa protagonista della storia, della scena.

Non siamo anche noi così? Lasciamo e non lasciamo trasaparire...Ciò che celiamo ha una sua luce invadente e meravigliosa, come i riflessi nell'acqua, i disegni sul muro, il sole che si tuffa nel mare.





venerdì 23 maggio 2014

Tracce di colore - tracce di vita

Corso colore - Cartoncino comune
 
Tempo fa, ormai sono trascorsi anni, ho iniziato un'avventura attraverso il colore piuttosto diversa da quella che offrono i classici corsi di formazione che dedico ai professionisti: ho ideato un corso che semplicemente ho intitolato “Colore: espressione e creatività”, dedicato ad adulti di qualsiasi età.
Obiettivi del corso: sviluppare la consapevolezza di sé, relazionandosi con se stessi, con gli altri e con lo spazio; ri-trovare la propria espressività creativa; ri-scoprire il gusto del gioco, rilassandosi e divertendosi con spontaneità; favorire la narrazione di sé e l'autoespressione attraverso comunicazioni per lo più non-verbali, all'interno di un gruppo; agire sul recupero dell'autostima.

All'interno di uno spazio dove il gruppo si ritrova, non si insegnano tecniche di disegno, né ci si prepara per produrre qualcosa da esibire, ma si usa il colore come strumento comunicativo, per esprimere emozioni, sensazioni.
Poiché il colore fa parte di noi e del contesto in cui viviamo, alterno esercizi collegati all'uso libero del colore, ad esercizi di espressione corporea (movimento nello spazio, abitare il proprio corpo e incontrare l'altro) con l'ausilio di musica e suono.

Perché il colore? Il colore è un linguaggio universalmente riconosciuto e riconoscibile; viene percepito nell'immediato dal nostro inconscio e dal cervello, perciò agisce come risposta spontanea agli stimoli proposti.

Se chiedo di esprimere il “qui e ora” attraverso macchie di colore (si usano pigmenti con acqua), lasciando libertà di azione sia sulla scelta delle tinte, che sulla modalità di esecuzione, le persone si lasciano trasportare dal momento e si “raccontano” con immediatezza.

In questi anni ho lavorato con gruppi aventi bisogni, particolarità, motivazioni, desideri simili o differenti. Persone tutte meravigliosamente uniche, con storie e situazioni sempre diverse, ma unite dalla stessa voglia di mettersi in gioco e di trovare uno spazio per sé, dove potersi confrontare e divertire.

Il colore ha creato un legame forte.



Corso colore - Cartoncino comune

Ogni volta studio e analizzo il lavoro effettuato dai grandi insegnanti del passato e del presente, sia nell'ambito della progettazione cromatica, sia in quello dell'arte terapia, per esempio – giusto per citarne due - J. Albers o A. Stern, mi rendo conto di quanto poi il colore coinvolga chi ad esso si approccia.

In un lab. colore come quello di Albers (ma ricorderei anche J. Itten), l'insegnamento va oltre la teoria e si fonda sull'esplorazione, sul comprendere attraverso esercizi con carte colorate cosa significhi “percepire” e come il colore si comporta in un contesto (che sia anche lo spazio di un foglio sul quale si lavora). La pratica, durante il workshop, non veniva preceduta, ma seguita, dalla teoria. Scoperta ed invenzione portavano alla conoscenza. Senza il timore di farsi molte domande sul colore.



Stern rielaborò nel Closlieu un luogo di libertà, dove chiunque potesse esprimere se stesso senza giudizi o pre-giudizi, senza imposizioni, senza chiedersi: ciò che sto facendo “cos'è?”, “perché lo faccio?”, “ va bene?”. Uno spazio per tutti, dove dedicare un'ora e mezza del proprio tempo all'uso del colore, all'espressione, alla fantasia.

Tracce di colore.
Tracce di vita.
Credo sarebbe interessante anche per i professionisti, architetti o designers, provare almeno una volta a misurarsi con l'espressività libera, senza obiettivi e senza giudizi, lasciandosi andare in uno spazio condiviso e sicuro, all'esperienza giocosa del tracciare segni, macchie, forme colorate. Una sorta di momento da regalare a se stessi, per spegnere la testa e abbandonarsi alla magia del colore.

Spogliarsi di ogni schema.
Fare tabula rasa.

Da lì poi si ricomincia.


giovedì 15 maggio 2014

Il progetto cromatico per lo spazio privato

 




Aprirò un'altra parentesi sugli aspetti della riqualificazione cromatica o progetto cromatico riferiti agli spazi dell'abitare. Questo perché di continuo mi si pone la domanda su come si debba operare di fronte a committenti privati e quale colore (e già qui l'uso del singolare mi preoccupa) si dovrebbe consigliare per le varie destinazioni d'uso...
Non finirò ma di ripeterlo, nausea e noia vostra permettendo, ma ogni ambiente privato (abitazione e aree specifiche dell'abitazione) andrebbe valutato di volta in volta, caso per caso, insieme ai committenti. Secondo: dopo un'accurata analisi dello stato dell'arte (che comprende la mappatura delle cromie esistenti, l'individuazione delle tipologie di materiali, delle fonti di illuminazione artificiale e naturale, della strutturazione e conformazione degli spazi, etc.) dovrebbero essere presi in considerazione i bisogni di chi abita lo spazio da progettare; bisogni che sono psico-fisici, non soltanto funzionali.
Terzo: le persone hanno gusti e passioni e riferimenti propri; proprie mappe mentali e schemi che vanno conosciuti e rispettati. Dopo una conoscenza attenta, basata sull'ascolto, prendendo il giusto tempo (non è possibile progettare con la fretta, attenendosi a dati raccolti in un paio di incontri), si può proporre una prima soluzione, o serie di proposte, anche aiutandosi con strumenti quali il moodboard, o con delle immagini e riferimenti che abbiano attinenza con l'idea progettuale di base (concept).

Il progetto dovrebbe fondare la sua struttura su basi scientifiche, relazionandosi quindi con varie discipline in grado di supportare le scelte da effettuare. Ogni progettista avrà il proprio approccio e il proprio metodo.
L'importante, comunque, è creare un ambiente che funzioni per CHI ABITA la casa e non che porti la firma di chi lo ha realizzato.

moooi, Fuori Salone 2014













So che non dare una regoletta, mi rende un po' antipatica, ma non esiste IL colore o UN colore adatto per ogni occasione. Non stiamo parlando di vestiti, né di moda. Si progetta per le persone e si interviene su spazi. I colori, che non possono essere considerati come elementi avulsi dal contesto, proprio dal contesto vengono influenzati e caratterizzati. Così come, in un certo qual modo, ci possono influenzare.
Il committente privato ha specifici gusti personali che vanno identificati, ma è anche capace di comprendere, se glielo si spiega, che cos'è il colore e come/quanto la componente cromatica può influire sulla percezione degli spazi.



Un modo per approcciarsi al committente è utilizzare sistemi come NCS che permettono sia un dialogo più approfondito sulle proprietà/attributi ergonomici del colore, sia una facilitazione di scelta delle nuance.

Atlas. NCS



 












Come dicevo all'inizio ogni caso è differente. Per semplificare vi faccio un esempio pratico con un progetto cromatico che ho realizzato.
La coppia che mi ha interpellato desiderava modificare l'aspetto globale degli interni della propria abitazione, attraverso un nuovo progetto cromatico.

Gli scenari sui quali operare comprendevano tutti gli spazi abitativi: Area Centrale (funzionalità, aggregazione, accoglienza, relazionalità, attenzione), Cucina (funzionalità, rito, convivialità, calore), Relax (riposo, intimità).
Incontro dopo incontro, nella conoscenza reciproca, abbiamo sviluppato delle idee che sono state confrontate e riassunte in tre diversi concetti base. Alla fine, per la zona living, è stato scelto il concept “naturale-materico”, più rispondente alle esigenze psico fisiche dei proprietari, che amavano spazi collegati agli elementi naturali ed erano particolarmente sensibili agli aspetti sinestesici. Le parole chiave inserite nel moodboard iniziale, in effetti, erano terrigno, morbido e le suggestioni: legno, lana bambù, canapa, lino, panna, caffè, cioccolato, caramello, ciliegia, albicocca, sole, terra, argilla, creta, coccio, luce, autunno.




Per la zona “riposo” è stato invece scelto il concept “naturale-paesaggio" (parole chiave:riposante, accogliente, avvolgente e leggero. Suggestioni: cielo, erba, fiori, cotone, lino, lana).
In questi spazi importante è riportare l'attenzione verso i bisogni psicologici e fisici quali l'intimità, il senso di protezione, la sicurezza. Cura di sé e riposo sono momenti delicati che possono venire disturbati se l'ambiente non risponde adeguatamente alle richieste sottese. L'equilibrio armonico cromatico può contribuire a restituire atmosfere consone ai bisogni.

Il progetto cromatico percettivo è stato sviluppato seguendo i seguenti obiettivi:

  • mantenere gli equilibri strutturali, tipologici, cromatici e formali dell'abitazione, mettendo in risalto pieni e vuoti, volumi e simmetrie e rispettando le cromie delle materie/rivestimenti presenti
  • creare una situazione di benessere psico-fisico attraverso un adeguato equilibrio ecologico/policromatico
  • evidenziare zone diverse, ma in continuità cromatica
  • rinnovare gli ambienti esistenti con atmosfere nuove
  • rispondere all’esigenza dei proprietari di creare i propri spazi, individuando una lettura abitativa corrispondente ai bisogni


Il piano di tinta scelto ( colori “DOMINANTI”, “INTERMEDI” e “ACCENTI”) si è basato sulle nuance colori NCS Y30R con aggiunta di particolari di colore vivace per i tessuti di alcuni arredi. Si è dato risalto ai contrasti di chiarezza per agevolare la percezione degli spazi.
Nella zona riposo sono stati scelti in aggiunta al piano di tinta, i colori 0525-R60B e 0525-G10Y.


Un particolare problema si è verificato nell'area al primo piano, dov'era collocata una finestra che infastidiva la visione dello spazio, compromettendone la percezione globale. Non potendo operare sulla struttura, si è cercato di riprogettare cromaticamente la parete, attraverso l'utilizzo di colori che, giustapposti, formassero una sorta di scacchiera con specifici orientamenti. Tali colori includevano la finestra in modo da spostare l'attenzione visiva da essa all'intera parete nel suo complesso.


 


Riuscire ad aggiustare lo stato di fatto non è facile e, a volte, quasi impossibile. Per questo il colore dovrebbe essere usato come strumento progettuale fin dall'inizio del progetto e non solo alla fine.

Nel caso citato chiaramente la situazione era diversa. L'intervento ha potuto comunque, con tutti i suoi limiti, apportare un miglioramento percettivo.

Ringrazio i proprietari, G. e S., che stimo dal profondo del cuore, perché hanno saputo rendere estremamente piacevole il mio lavoro, grazie alla loro grande sensibilità e simpatia.
Ringrazio anche l'applicatore Marco Di Cesare, con tutto il suo team, che mi segue costantemente e che sa dare ottimi consigli tecnici quando occorre.




domenica 23 marzo 2014

Percezione visiva

J.Itten



Nodi e aree corticali (S. Zeki)

Nel cervello vi sono molte aree visive, che ricevono direttamente o indirettamente un input da quella che viene definita area V1 o corteccia visiva primaria. In un sistema costruito da interazioni tra possibili insiemi e sottoinsiemi, la V1 è connessa con altre aree, tra cui la V4, area preposta alla visione cosciente del colore, che viene considerata un esempio di nodo primario. (Con il termine nodo si intende un gruppo di cellule dotate di caratteristiche peculiari, costituenti uno specifico stadio del percorso visivo, o un sub-compartimento specializzato all'interno del percorso, che fornisce informazioni ad altre aree.)
Nel nodo primario l'attività diventa percettivamente esplicita senza bisogno avvengano altre rielaborazioni. L'attività della V4 porta per esempio alla percezione cosciente del colore, senza dover utilizzare altre elaborazioni.
Quando la V4 risulta assente (per es. nel caso di pazienti acromatopici), secondo recenti studi, per la visione dei colori diventano nodi primari la V1 e la V2 che però non garantiscono una visione stabile del colore.
In un esperimento psicologico condotto da Moutoussis & Zeki (2002), basato sulle tecniche di imaging del cervello, sono state utilizzate immagini di case, volti e figure di controllo colorate in modo uniforme, presentate secondo l'uso di stimolazioni visive opposte (stimoli presentati al soggetto alternativamente ai due occhi). 
 
"L'uso di stimolazioni visive opposte ci consente di adattare l'input sensoriale al cervello, in modo che lo stimolo, sebbene identico, a volte venga visto e a volte no. Quando uno stesso stimolo, come una casa o una faccia, è presentato singolarmente a ciascun occhio, ovvero alternativamente all'uno e all'altro ogni 100 ms (millisecondi), le due immagini si fondono in un'immagine sola e il soggetto è in grado di registrare consciamente e correttamente il tipo di stimolo. Tuttavia, se lo stesso stimolo è presentato a ciascun occhio, secondo lo stesso metodo, ma con colori opposti, i due colori si cancellano a vicenda nella fusione, lo stimolo non è più percepito e non può essere riconosciuto dal soggetto, anche se l'input visivo ha la stessa condizione di quando lo stimolo era percepito correttamente." (S. Zeki, Con gli occhi del cervello, Di Renzo Ed., Roma, 2011, pag. 35)

Tale sperimentazione dimostrerebbe che nei nodi primari risulterebbero sovrapporsi elaborazioni dell'informazione e percezione.
Inoltre, indipendentemente dal fatto che lo stimolo sia o meno percepito, vengono attivate le stesse aree specifiche. 
 
Così, per essere più chiari, quando lo stimolo è quello di una faccia, si attiverà l'area corticale specializzata nella percezione dei volti, indipendentemente dal fatto che lo stimolo sia percepito o annullato. Un analogo risultato si ottiene mostrando immagini di case dipinte, che vanno ad attivare un'altra parte specializzata del cervello. (…) Riassumendo, possiamo dire che ci sono molteplici aree visive diverse nel cervello, ognuna delle quali riceve stadi diversi dell'input visivo. Ogni stadio costituisce un nodo. Tali nodi diventano primari se la loro attività non richiede ulteriori elaborazioni e sono correlati con la percezione cosciente di quel contenuto. Un nodo primario, quindi, è un sito di elaborazione, così come è un sito di percezione cosciente. Ne consegue una conclusione importante: l'attività di un dato nodo primario non dipende necessariamente dall'input di un'area superiore...” (S. Zeki, op. cit., pag. 35 -36)




Pareidolia

Un aspetto interessante nella percezione visiva è il processo psichico definito pareidolia (dal greco para simile, eidolon immagine).

La pareidolia è quel processo psichico che porta a ricondurre forme casuali a forme note.
Secondo K. Jaspers: "Senza emozioni, né giudizio di realtà, ma anche senza che, al richiamo dell'attenzione, le immagini illusorie debbano scomparire, la fantasia produttiva crea da impressioni sensoriali incomplete, da nuvole, dalle pareti di un vecchio muro e cose simili, formazioni illusorie assolutamente nitide e con il carattere della corporeità." (Citazione tratta da: U. Galimberti, Dizionario di Psicologia, Vol. 2, Gruppo Ed. L'Espresso, Roma, 2006, pag. 285)
Questo processo, inconsapevole e automatico, è anche collegato alla nostra percezione istintuale. Lo possiamo riscontrare quando riconosciamo volti, disegni, espressioni, forme di animali o umani nelle tracce delle nuvole, o sulle facciate delle case, o negli oggetti di uso quotidiano.
Per Jaspers è un'Illusione, ovvero una percezione che deriva da trasformazioni di percezioni reali, per cui gli stimoli sensoriali indefiniti vengono rielaborati in maniera fantastica e resi nitidi da elementi intrapsichici riprodotti. (U. Galimberti, op. Cit.)
Un'applicazione della pareidolia si ha nel test di Rorschach, dove si richiede un'interpretazione libera di macchie di colore.





sabato 4 gennaio 2014

Auguri colorati


Ridefinisce lo spazio, qualunque spazio, sia esso molto piccolo o esteso, donandogli identità e caratterizzazioni, il colore... Così illusorio (Josef Albers che direbbe?) eppure reale, è un fenomeno complesso da spiegare, ma altrettanto evidente; quasi si dà per scontato che ci sia, che faccia parte della vita, negarlo sembrerebbe voler negare l'esistenza stessa. C'è chi, del resto, non lo percepisce e noi – gli altri – quelli che invece ne assaporano l'essenza, ci sentiamo tristi per questa impossibilità, questa negazione, perché non sappiamo comprendere una visione sfumata di grigi. Giacomo avrebbe sostenuto che il grigio spesso ci mette tristezza e avrebbe preferito parlare di rossi autunnali e arancioni solari.
Che lo si chiami “sensazione cerebrale” o meno, che lo si esamini e analizzi secondo varie teorie o filosofie, che lo si studi attraverso la lente di numerose discipline, rimane il fatto che ci affascina tutti, in modi differenti forse, però con uguale intensità.
I luoghi li conosciamo anche per via dei colori che li distinguono, che ce li rendono ospitali e leggibili, che ci aiutano a memorizzare segnali e segni.
Non è però sufficiente un colore, ce ne vogliono diversi in un contesto per suggerire azioni e reazioni, per dare informazioni, per far si che lo scenario sia riconoscibile e stimolante percettivamente. Non è sufficiente in sé, il colore, che spontaneamente uniamo a materie, forme, schemi, luci...
E' sufficiente comunque dire la parola “colore” per SPALANCARE LE PORTE sulla curiosità, sul desiderio d indagare e approfondire, sull'emozione, sul senso di vertigine che provoca l'ignoto. Il colore è un mondo infinito dentro il quale, una volta entrati, non si riesce più ad uscire.
Ho letto testi, ascoltato conferenze e seminari, seguito corsi, parlato con esperti, considerato vari punti di vista e mi accorgo di non sapere molto, in fondo, sull'argomento. Più studio e metto in pratica e più mi rendo conto di dover studiare e provare. Da una verifica nascono mille dubbi. Da una ricerca altri mille dubbi. Mi continuo a mettere in discussione perché il colore mi fa questo effetto, mi pone in forse, come a dirmi: “ Vai avanti c'è ancora da scoprire!”. Ed io proseguo, facendomi tante domande alle quali non sempre so poi rispondere e che però mi sono utili per definire azioni, rivedere posizioni, rivalutare metodi. Non esiste, dopo tutto, un unico metodo progettuale per operare con il colore. Esistono metodi. Ognuno scelga il proprio, ma con coscienza, consapevolezza, scientificità. Mettendosi alla prova, collaborando e confrontandosi con altri professionisti. E senza credere di essere arrivati...
Il colore porta lontano. NON FERMIAMOCI SULLA SOGLIA.
Auguri, quindi, di un Nuovo Anno pieno di colore, magia ed entusiasmo.