Cosa vediamo? Cosa guardiamo? Cosa osserviamo? Cosa percepiamo?
Mentre siamo seduti alla nostra scrivania in ufficio, mentre siamo in un letto d'ospedale nella camera di degenza, mentre lavoriamo ad una postazione... Di fronte a noi cosa c'è? Bellissimo se ci fosse una finestra vista lago, montagna, mare...o tetti antichi con gatti che si rincorrono e raggi di sole che giocano sui coppi. O la visione di una città che si apre a noi, nell'arte e nella cultura.
Spesso, però, di fronte a noi c'è una semplice parete. Liscia, monotona, di un unico colore, magari con qualche quadro appeso, un po' triste, un po' anonimo. Un monitor video. Una foto...
"La
nostra percezione si basa essenzialmente sulla rilevazione delle
differenze e di mutamenti. L'osservazione prolungata di una parete
bianca illuminata in maniera uniforme e costante è faticosa e tende
a farci deconcentrare. I nostri occhi, così come gli altri sensi,
sono alla ricerca di contrasti e differenze. (...) Una scena uniforme
finisce per non comunicare niente perché non c'è niente da
segnalare." ( E.
Boncinelli, "la vita della nostra mente", Ed. Laterza,
Roma-Bari, 2011, pag. 96)
Ebbene si. La monotonia, l'uniformità, non ci aiutano. Abbiamo bisogno di policromia.
I
contrasti di luminosità e saturazione, nonché di tonalità, rendono
gli ambienti più dinamici, non monotoni, più ricchi di informazioni
e quindi vicini al bisogno di differenze che il nostro cervello in
automatico ricerca anche per rilassarsi.
Punti di vista, certo, ma le neuroscienze ci vengono in aiuto per supportare tali concetti e trovo sconcertante che ancora ci sia poca informazione e poca coscienza nell'affrontare progetti destinati agli spazi pubblici, dove l'uomo coi propri bisogni dovrebbe essere messo al centro di ogni fase progettuale.
Ancora si fa fatica (questioni economiche, di sensibilità, di struttura mentale...) a far capire che un progetto cromatico percettivo può diventare uno strumento basilare per rispondere alle diverse e molteplici esigenze dell'uomo negli spazi di vita, di lavoro, di educazione e di cura.
Punti di vista, d'accordo, ma il malato che "deve" guardare la parete davanti a sè forse preferirebbe lasciare vagare lo sguardo su elementi cromatici differenziati, per perdersi, rilassarsi, concedersi un respiro, un sogno. Forse "staccare" dal computer, dai fogli sulla propria scrivania, alzare la testa e trovare di fronte segni e colori che possano per un momento far cambiare prospettiva, sarebbe d'ausilio anche alla creatività.
Credo sia importante, sempre nella vita, osservare il tutto da diversi punti di vista, senza costringersi ad un' unica modalità, ad una sola direzione, alla regoletta stereotipata.
Allargare vedute e sguardi, mettendosi nella situazione di provare, sperimentare, capire, innovare, procedendo per fasi e verifiche, è una possibile strada verso il progetto.
Il colore stesso è sperimentazione. E' luogo, è tempo, è spazio. E' segno. E' informazione.
Studio Piano di Tinta Sistema NCS per Ospedale. arch. C. Polli |