Ecco l'ennesima foto con parvenza di ambiguità, condivisa sui social media. Vorrei, con assoluta umiltà, dare un mio parere, visto che si parla di colore.
Inizio con l'analisi dello stato dell'arte: trattasi di immagine elaborata artificialmente, dove compare una lattina bianco/grigia, dai toni neutri, acromatici, su uno sfondo verde azzurrato. La sensazione registrata è però quella di guardare una lattina rossa.
Magia? Sarebbe bello, in fondo l'apparenza di ciò che vediamo ha in sè un sapore di sogno magico; però le cose stanno diversamente.
Per cominciare a capire, dobbiamo partire dalla scoperta effettuata da Margaret Livingstone e da David Hubel, che negli anni Ottanta individuarono le cellule double-opponent (a doppia opponenza), chiamandole così a causa dell'opponenza rosso-verde o giallo-blu esistente nel loro centro e della risposta della periferia antagonista a quella del centro, fosse essa on oppure off. Una prima scoperta di cellule a doppia opponenza venne effettuata da Nigel Daws, nel 1968, nella retina del pesce rosso, ma come direbbe lo stesso Hubel: "Il fatto che tali cellule esistano nella retina dei pesci non significa che debbano esistere anche in quella dei mammiferi." [D. Hubel, "Occhio, Cervello e Visione", Zanichelli Ed., BO, 1993, pag.198] E in effetti le cellule a opponenza doppia si trovano soprattutto nella zona blob dell'area V1 della corteccia. La via blob è deputata al riconoscimento dei colori.
Se vogliamo essere precisi, già Ewald Hering (1834-1918) interpretò i risultati delle miscele cromatiche proponendo l'esistenza a livello dell'occhio, del cervello o di entrambi, di tre processi di opponenza: uno per la sensazione rosso-verde, uno per quella giallo-blu e una terza per quella bianco-nero.
Lasciando perdere le vicende storiche, le cellule di cui stiamo parlando sono di tre tipi: rosso-verde, giallo-blu e bianco-nero. Il centro e la periferia del loro campo recettivo vengono attivati da classi diverse di coni. "L'opposizione sta nel fatto che la risposta a una lunghezza d'onda, che incida sul centro del campo recettivo, è cancellata da un'altra lunghezza d'onda, che incida sulla periferia del campo recettivo. Le coppie di colore che si elidono reciprocamente sono: il verde con il rosso e il giallo con il blu." [M. Gussoni, G. Monticelli, A. Vezzoli, "Dallo stimolo alla sensazione", Ambrosiana, MI, 2006, pag.176].
Noi non possiamo percepire quindi un verde rossastro o un blu giallastro e viceversa.
Inoltre per assegnare un colore alla scena visiva non utilizziamo solo l'informazione relativa alla lunghezza d'onda, ma diciamo che un oggetto ha un determinato colore in funzione della luce riflessa dall'intera scena.
Cosa ci dice dunque l'immagine della lattina? Innanzitutto che l'apparato scenico è una finzione ed è costruito apposta per creare una sorta di illusione. Lo sfondo, per esempio, è volutamente verde azzurato, ovvero è l'opponente fisiologico del rosso. La lattina è neutra, priva di segnali cromatici. L'aggancio che possiamo effettuare è proprio quello del complementare allo sfondo - unica area colorata che stiamo osservando - perciò "coloriamo" di rosso l'oggetto. (Stimolo esterno, segnale dato dai coni che l'area è verde azzurra, trasmissione del messaggio alle cellule opponenti, reazione per cui il resto dev'essere rosso.)
Mi scuso per la semplicistica e ridotta spiegazione e rimando per ovvie ragioni alla lettura di testi scientifici specifici, ma spero di aver dato adito a riflessioni meno superficiali.
Avrei comunque una considerazione di tipo diverso da fare. Cosa ci si aspetta di vedere, se la lattina è evidentemente riconoscibile dato il brand noto?
Il colore iconico della Coca Cola è rosso. Se dovessi chiedere "Qualè il colore della lattina di Coca Cola", nessuno o quasi indicherebbe i più recenti fondi cromatici utilizzati. Quel dato rosso è nella nostra memoria ed è a quello a cui facciamo riferimento, categorizzando tutte le lattine di Coca Cola. Un pò quindi mi viene da pensare che la percezione dell'immagine passi anche attraverso gli aspetti culturali e sociali, di cui facciamo parte e veniamo influenzati.
Per riferimenti: vedi testi citati e A.Bottoli, G.Bertagna, "Perception Design", Maggioli Ed., 2009