LO
SPAZIO DELLA MEMORIA – LA MEMORIA DELLO SPAZIO
LA
MOSTRA
“LA GRANDE GUERRA E DINTORNI
ESPOSIZIONE STORICO/CULTURALE"
MOSTRA - COMUNE DI LESA – 15 LUGLIO 5 AGOSTO 2018
C/O Sala Società Operaia – Piazza IV Novembre - Lungolago di Lesa
Collezione arch. Uberto Visconti di Massino
Testate originali collezione Mirko Valtorta
Allestire
una mostra è un processo delicato e complesso.
Se
poi il tema centrale è la Grande Guerra, si aggiunge una
responsabilità che va oltre “il progetto espositivo ben
eseguito”.
Ci
dev’essere cura ed attenzione, soprattutto verso le persone, perché
LE PERSONE fanno e hanno fatto la storia.
Ho
pertanto cercato di
dare alla
preziosa COLLEZIONE
dell’arch. Uberto Visconti di Massino, un
valore diverso, collocandola
in uno spazio che potesse raccontare, emozionare, ri-creare memorie.
L’intento
non è stato quello di esporre per esporre,
ma di tracciare segni, scrivere STORIE nella
storia, lasciare tracce,
ripercorrere tratti di vita vissuta.
Ho
cercato di mettere in evidenza i
VOLTI, gli SGUARDI, le
IMMAGINI più che le parole, la
narrazione regalata dagli OGGETTI, la rievocazione dei momenti, per
tirare un ideale filo tra ciò che è stato e ciò che ora siamo.
Noi
- uomini, donne, bambini - siamo destini che si incrociano dentro
trame invisibili; nel dolore e nella gioia, nella tragedia e nella
resurrezione, passato, presente e futuro compongono una lunga catena
che ci unisce.
Non
possiamo dimenticare,
non dobbiamo
dimenticare, ma conoscere, sapere, comprendere, affinché nella
conoscenza e nella scoperta
della nostra identità - della nostra umanità – si consolidi il
rispetto, la pace e l’amore per la vita.
Ringrazio
tutti coloro che hanno collaborato a questo progetto, in particolare
un “grazie di cuore”
all’amico M. Savazzi. Ai miei due “angeli custodi”, Angelo e
Maurizio.
PREMESSA
NERO
“Noi
non percepiamo mai delle pure qualità cromatiche, ma i colori sono
da noi
vissuti
sempre in relazione a una particolare struttura percettiva, sono
colori di
qualche
cosa, ci appaiono integrati con gli altri aspetti fenomenici del
nostro
mondo
visivo”. [Gaetano Kanizsa, 1980]
Citando
A. Bottoli e G. Bertagna: “ Ciò che vediamo come nero emette
nel visibile una minima parte dell’energia luminosa ricevuta. Il
nero assoluto (teorico) prevede una minima emissione di fotoni da
parte dell’oggetto. In visione scotopica profonda è
facile che ai segnali minimi di lettura fotonica si sovrappongano le
scariche basali dei fotorecettori con conseguente rumore
visivo di fondo:
-
minima energia verso l’esterno
-
massima energia all’interno
-
potenzialità nascoste”
(G.
Bertagna, A. Bottoli, “Perception Design”, Maggioli Ed., 2009,
pag. 240)
Dicendolo
banalmente percepiamo un oggetto come “nero” in quanto tutte le
frequenze vengono trattenute e
non selettivate e poi riemesse.
Un
oggetto nero
trattiene.
Come
per ogni altro colore percepito, esso è tattile, aptico, legato alle
sensazioni visive che non comunicano solo informazioni ottiche, ma
anche proprie del mondo tangibile, materico.
Un
oggetto nero è solido,
pesante. Crea
volume. Si tocca, da lontano.
Il
nero, è
stato a
lungo associato alla caverna, alla grotta, all’oscurità notturna,
ai luoghi bui, ma anche sacri. La prima
testimonianza di primi
segni
neri
si ebbe proprio
nelle
grotte
a Lascaux, 15.000 anni a.C.
La
grotta, la caverna del resto subisce l’ambivalenza del simbolo, è
si un luogo oscuro, ma che protegge, difende.
Un
oggetto nero, non
filmare,
non volume,
nasconde,
copre.
Il
nero è però unito alla luce: non c’è possibilità di percepire
il colore senza illuminazione; il colore, dopotutto, è luce. Nel
comune modo di pensare, valutiamo la vita come un viaggio fatto di
chiaro/scuro, giorno/notte, tunnel bui e uscite luminose, oscure
presenze e lampi gioiosi. Il nero ed il bianco sono opponenti che il
nostro cervello legge in coppia. Sono i primi
nomi comparsi per denominare i colori, secondo le categorizzazioni
semantiche monolexemiche, ordinate
seguendo
l'evoluzione
antropologica (Berlin
e Kay).
Un
oggetto nero è letto meglio, se esiste il contrasto. Nero opaco e
luce.
IL
PERIODO – IL COLORE
Durante
la Rivoluzione
Industriale il
nero era visibile ovunque: nel carbone,
catrame, bitume, nelle
ferrovie, fuliggine, sporcizia, inquinamento, nelle
fabbriche.
Come
dice Brusatin “(…) con la polvere sollevata dal movimento
industriale di macchine e ciminiere, la città si andava
annerendo e oscurando ineluttabilmente…”
(M. Brusatin, “Lezione sui colori”, Libreria Ed. Cafoscarina, VE,
2005, pag. 97),
anche
se – e Bruno Taut insegna – all’inizio del Novecento il colore
si inserisce come elemento di riqualificazione urbana, suggerendo
schemi percettivi
e
policromie.
Il
nero divenne
in
seguito il
colore del mondo degli affari e della produzione industriale, che
immetteva
oggetti di uso comune sul mercato (bianchi, neri, grigi o bruni),
privi di colori vivaci, malgrado la chimica dei coloranti permettesse
ormai qualsiasi scelta cromatica. (Henry Ford, per
esempio,
produceva solo auto nere).
Il
nero assume valore di assolutismo, di fondamentalismo, di chiusura,
di morte, di paura, quando si pensa alla guerra. Ma anche rivolta, a
volte silenzio, a volte rigore, a volte valore e dignità, regalità.
Il
terrore delle trincee e la noia di momenti, il dolore e l’attesa,
le perdite umane e la povertà, sono solo alcune immagini di un
periodo che si è colorato di scuro.
L’oggetto
nero, nella mostra, diventa tutto questo: rievocazione,
caverna protettiva, elemento che nasconde e in realtà mette in luce,
spazio chiuso per mostrare, esporre, dare valore alla storia fatta di
oggetti e sguardi. Solido e forte, racchiude la luce, l’atmosfera,
la memoria, l’identità di chiunque abbia sofferto e vissuto quei
momenti.
1) SUGGESTIONI per un allestimento
Conoscere la guerra è l’attività di una cittadinanza informata, e i musei sono quei luoghi in cui vengono sollevate questioni morali, vengono poste domande circa i conflitti, il sacrificio, la sofferenza, la fratellanza, il coraggio, l’amore, la trascendenza. I musei consentono ai visitatori di interrogarsi su questi temi, tramutando il tempo della guerra in spazio museale.
(Jai Winter , Museums and the Representation of War, «Museum and Society», 2012)
L'ideazione dello spazio espositivo e dell'allestimento della mostra parte dal concetto di RACCONTO, soprattutto esperienziale, veicolato dagli oggetti utilizzati nella Grande Guerra.
Il ricordo di questo periodo per altro continua nelle epoche successive e viene sottolineato con l’esposizione di oggetti raffigurativi che hanno in seguito ri-evocato – in modi diversi – la Grande Guerra. Si pensi, per esempio, alle storie epiche di Hugo Pratt con Corto Maltese (“La ballata del mare salato” esce nel 1967 e introduce il personaggio di Corto Maltese, nello scenario della prima guerra).
L’oggetto è driver comunicativo di un periodo storico, di una società, di economie e costumi. Ricostruisce a livello iconico segni e significati, memorie e identità. Richiama immagini e persone.
Come afferma Luca Basso Peressut:
"Attraverso
gli oggetti si rievocano i corpi delle persone scomparse a cui questi
appartennero (...)
Solo
nei musei e nelle esposizioni, in quanto luoghi in cui il corpo del
visitatore viene ingaggiato in rappresentazioni che corrispondono a
una messa in scena spaziale e figurativa, si può creare un confronto
più diretto e partecipato con gli avvenimenti storici. Come afferma
Sophie Wahnich il museo «non si accontenta di accogliere delle
emozioni costruite a priori, ma restituisce ai sensi le condizioni
estetiche della visita, operando attraverso le scelte tematiche e
museografiche» [Wahnich 2011, 58]. (...)
Nell’ambito
della comunicazione museale l’architettura è un importante
elemento di identificazione: crea simboli e veicola messaggi, sia in
termini di contesto che di contenuto, partecipando a sollecitare
empaticamente il sentimento di consapevolezza del visitatore.
L’architettura, come pratica estetica di costruzioni di spazi e
forme significanti, è indispensabile per creare luoghi
rappresentativi di memoria, commemorazione ed insegnamento. Con il
suo porsi a distanza temporale dagli accadimenti e con la sua
capacità di durare e di marcare fisicamente e simbolicamente i
luoghi si presenta come una pausa naturale di riflessione nello
scorrere del tempo."
(Luca
Basso Peressut, Rappresentare
le guerre al museo,
"Storicamente", 13 (2017), no. 6. DOI: 10.12977/stor661)
L'oggetto,
protagonista indiscusso, viene collocato in spazi organizzati,
architettonicamente progettati, per essere visibile e ri-conoscibile.
Tali
spazi, delineati da allestimenti silenti, scuri, mostrano da
un lato l'umanità e il
dolore, attraverso una
chiusura verso il resto della sala; dall’altro,
segnato dall’
illuminazione, un percorso illustrativo fatto
di immagini e parole, che insieme all’arte figurativa sono divenute
incisiva testimonianza di quel periodo storico.
I
disegni di Carrà e il movimento Futurista, le
copertine de “Il Monello”, le riviste di trincea, i nomi di
Giorgio De Chirico e di Mario Sironi, di Gabriele D’Annunzio o di
Filippo Tommaso Marinetti, le poesia di Giuseppe Ungaretti,
l’architettura di Antonio
Sant’Elia morto sul Carso nel 1916, sono solo alcuni degli esempi
culturali – ed umani – che hanno caratterizzato quegli anni.
Impossibile
scindere la tragedia dall’esplorazione originale e accattivante dei
movimenti artistici e letterari, che da sempre codificano in una
riscoperta prospettiva estetica, gli eventi e gli sviluppi sociali.
Collezione M. Valtorta |
2) STRUTTURA e PERCORSI
“Le
cose importanti sono semplici, e la semplicità è un’arma con un
effetto micidiale,
se
usata nel modo giusto”
(Lorenzo
Marini, “Questo libro non ha titolo perché è scritto da un art
director”, Lupetti Ed., MI, 2007, Pag. 145)
Il
percorso, sottolineato da un tunnel (suddiviso in quattro stanze) che
accompagna il visitatore nella scoperta e nella memoria, è suddiviso
in quattro aree tematiche:
-
la Belle Epoque
-
interventismo e guerra
-
la guerra meccanizzata e delle trincee
-
l’anno della Vittoria, i postumi e l’eredità della Grande Guerra - l’intervento degli Stati Uniti
Il
tunnel,
diviso appunto in
quattro aree, viene allestito
con vetrine illuminate che
mostrano i vari oggetti della
collezione Visconti (i
manichini per le divise sono
visibili appena fuori dalle stanze) e
le stampe della collezione Valtorta.
Collezione arch. U. Visconti di Massino |
Alcuni
spazi sono vuoti, da percorrere in silenzio, quasi a sottolineare che
il tempo a volte si ferma. La Grande Guerra è stata infatti definita
“Lampi di angoscia in un noioso periodo”, un
momento tragico, ma anche lungamente noioso, quasi insopportabile (si
pensi alle trincee).
Ombra
e luce, morte e vita si vogliono mischiare e confondere nel passaggio
dal tunnel alla sala illuminata, come un respiro trattenuto, che poi
si rilascia, quando tutto è finito.
Ma
la memoria legata ai fatti e alle situazione della Grande Guerra, non
è solo fatta di oscurità. Il tunnel lascia intravedere luci e la
mostra – nella sua complessità – mette in risalto anche i lati
eleganti, curiosi, eroici. Cerca di far scoprire il valore di
uomini e donne, la comunicazione e l’umanità esplicitate nelle
canzoni, nella leggerezza ritrovata di poemi o scritti.
Lo
spazio vuole essere comunque semplice, non articolato, per permettere
leggibilità, facile orientamento e per dare la giusta importanza a
ciò che viene esposto.
Collezione M. Piazzai |
Una
teca riporta un modello di aereo.
Una
sezione, collocata nella sala illuminata, al centro, è dedicata alla
storia locale, ricca di emozioni, ricordi, evocazioni. Le persone del
posto hanno accolto benevolmente l’idea di prestare le loro
testimonianze e si è cercato di dare la giusta importanza e il
meritato rispetto a questi documenti.
Sezione storia locale |
che bello, ottimo lavoro, complimenti. Anche le foto sono molto efficaci e rappresentative!
RispondiEliminaGrazie davvero
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