“Il
modo di migliorarci, è quello di migliorare la nostra città” (J.
Hillman)
Programmare
linee di progetto per un piano dell'arredo urbano non significa limitarsi a proporre soluzioni riguardanti manufatti ad
inserire, sostituire o mantenere nel territorio; non è
un'operazione fine a se stessa, sterile, poco costruttiva e non
rispondente ai reali bisogni della città.
Attraverso
il piano dell'arredo, che diventa reale e concreto progetto
d'intenti, si cerca di partecipare allo sviluppo culturale,
identitario, sociale e produttivo del territorio stesso.
Non
si pretende certo di risolvere problemi, ma
di dare un contributo valido per future considerazioni sia di
carattere progettuale, che economico/sociale.
La
scelta di COSA inserire e DOVE, dovrebbe partire da un approccio
percettivo (non solo ed esclusivamente storico/filologico, o
funzionale/ergonomico), ecologico, culturale, antropologico e di
approfondimento analitico, dove l'attenzione
nei confronti dei luoghi abitati
diviene un "valore aggiunto" che permette di agire sul
territorio favorendo i bisogni di un'utenza allargata: cittadini,
operatori, soggetti economici, visitatori.
Il
piano dell'arredo urbano è, a tutti gli effetti, un progetto di
VISIBILITA'. Ogni elemento, inserito all'interno di gerarchie
percettive (tra vari elementi e/o con l'architettura), ha valore
identitario
e fornisce significati alla città, al contesto, senza velleitarie
intenzioni progettuali.
Come
direbbe James Hillman: “La città chiede di essere scoperta per
nuove percezioni, non per nuove forme di progettazione”.
Pur
seguendo delle “norme” (normative), inoltre, il piano non dovrebbe
scadere nella banalità (normalità), in quanto assicurarsi che ci
sia un sacrosanto rispetto delle regole, non significa rendere tutto
appiattito e senza stimoli.
Colori,
materiali, forme, luci, elementi naturali, segnaletica, arredo
urbano, partecipano alla lettura dell'ambiente esterno e devono
rientrare in una progettazione programmatica che rifletta su un
duplice obiettivo:
recuperare un patrimonio storico che dev'essere tutelato/conservato e
valorizzare gli spazi urbani per migliorare la qualità della vita.
"(...)
ieri, come oggi, ciò che più colpisce nell'esperienza visiva quotidiana
è che essa si configura, a livello intuitivo, come un'esperienza prevalentemente
cromatica. Nel nostro rapporto, diciamo, ingenuo con la realtà, l'atto
di vedere riguarda di sicuro la forma, il movimento e la distanza, ma specialmente i colori. Vedere è, in primo luogo, vedere colori."
("I colori, tra reale e virtuale" di Tomàs Maldonado, in: "I colori della vita",
Atti del Convegno, Torino 1995, Ed. La Stampa, TO, 1995, pag. 96)
L'impostazione metodologica e l'approccio analitico concernenti la stesura di un Piano dell'Arredo Urbano, spesso non tengono in considerazione la mappatura cromatica dello stato dell'arte dei luoghi. Per mappatura intendo un'approfondita verifica dei colori e delle tinte esistenti nell'area di progetto (con , siano essi propri dell'architettura e degli elementi di arredo, che del paesaggio tipico naturale.
La fase di analisi iniziale, invece, è basilare per le indicazioni progettuali finali, che dovranno necessariamente fornire uno schema cromatico appropriato allo spazio pubblico oggetto del Piano.
In qualsiasi contesto urbano, in effetti, l'effetto globale è dato da singoli cromatismi che, come direbbe Gillo Dorfles, costituiscono il supporto della vita di relazione cittadina. Si pensi per esempio al rosso londinese tipico di bus, cabine telefoniche e cassette postali...
Per
quanto riguarda la mappatura cromatica dei manufatti e del paseaggio naturale, può essere usata
la comparazione percettiva visiva (decodifica del colore percepito,
misurato come colore pseudo-intrinseco/apparente), con codici RAL e
codici sistema NCS. 1
Intento
dell'operazione è quello di costruire, mediante un abaco cromatico di analisi e uno di progetto, una banca dati da
implementare nel tempo, che includa anche l'aspetto cromatico
percettivo, spesso non considerato o sottovalutato.
L'uso
del colore negli arredi è rilevante, in quanto incide
sull'immagine di tutti gli ambiti spaziali della città, siano essi
strade, piazze, architetture, etc. Come dice Francesca Cattaneo (in:
a cura di Maurizio Rossi,“Colore e Colorimetria. Contributi
disciplinari”, Quaderni di ottica e fotonica, Vol.VII/A, Maggioli
Editore, S. di Romagna (RN), 2011):
“Il
colore non risolve i problemi dei cittadini ma diviene un ingrediente
di progetto molto importante ora che l'attenzione verso lo spazio
pubblico ritorna ad essere al centro della qualità della vita”.
1Colore
intrinseco. Colore la cui identificazione avviene mediante
strumenti di rilievo colorimetrico.
Pseudo-intrinseco.
Colore di una data superficie osservata in modo opportuno e con
isolatori adeguati, da una distanza dai 30 ai 50 cm. (E' possibile
comunque vedere solo colori apparenti, perciò viene definito
pseudo-intrinseco).
Apparente.
E' il colore che vediamo. Varia in tinta, chiarezza e saturazione, a
seconda della distanza dell'osservatore, dalle condizioni di
illuminazione, dalla temperatura della luce, dal contrasto con lo
sfondo, dal colore includente o accostato...etc. Percepito.
E' il colore soggettivo.
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